L’iniziativa della Scuola di Arte Culinaria Cordon Bleu è dedicata a turisti e fiorentini. Non solo per far riscoprire le tradizioni e la storia della cucina, sia toscana che italiana, ma per offrire un’offerta formativa diversa e più contemporanea
Gli chef affermano che sono sempre i piatti apparentemente più semplici ad essere i più difficili come, ad esempio, cuocere la bistecca alla fiorentina. Questo è il motivo per cui la Scuola di Arte Culinaria Cordon Bleu, la accademia di cucina più antica in Toscana, ha pensato ad una Masterclass, dedicata sia ai fiorentini che ai turisti italiani e stranieri, dal titolo “The ultimate steak Masterclass”. “Sono in molti a pensare di saper cucinare una bistecca alla fiorentina – affermano Cristina Blasi e Gabriella Mari, dal 1985 alla guida della Scuola Cordon Bleu – ma siamo davvero sicuri che sia proprio così?”. L’obiettivo principale della scuola oggi non è solo di far riscoprire le tradizioni e la storia della cucina, sia toscana che italiana, ma anche di offrire un’offerta formativa diversa e più contemporanea. “Diciamo basta ai soliti corsi su come fare la pasta all’uovo che ormai si trovano ovunque. – continuano – Con questa Masterclass vogliamo intraprendere un nuovo percorso che ci consenta di differenziarci e ai nostri allievi di allargare i loro orizzonti gastronomici.”
A Palazzo Panciatichi Ximenes, situato in via Giusti e sede della scuola di cucina, si terrà questo corso a cadenza mensile, previsto sia in italiano che in inglese, che consentirà ai partecipanti di imparare a cuocere una perfetta bistecca alla fiorentina. La leggenda racconta che il nome bistecca venne dato a Firenze nel 1565 durante i tradizionali festeggiamenti del 10 agosto in onore di San Lorenzo. In quella occasione i Medici usavano offrire al popolo fiorentino quarti di bue girato allo spiedo in piazza San Lorenzo. Quell’anno parteciparono alla festa alcuni nobili inglesi che si trovavano a Firenze per affari. Dopo averla assaggiata, per averne ancora, cominciarono a gridare entusiasti “beef steak! beef steak!” (ovvero costata di manzo). I fiorentini avrebbero subito italianizzato quella parola in “bi-stecca”. Questa origine è confermata anche dal famoso gastronomo Pellegrino Artusi che nel suo libro di cucina, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, nel 1891 scrisse che “da beaf-steak, parola inglese che vale costola di bue, è derivato il nome della nostra bistecca, la quale non è altro che una braciuola col suo osso, grossa un dito o un dito e mezzo, tagliata dalla lombata di vitella
Alessandro Soderi, che con la sua famiglia gestisce l’omonima macelleria, una delle più antiche e conosciute del Mercato di San Lorenzo, spiega come cucinare una vera bistecca alla fiorentina: “Normalmente si preferisce un taglio di carne proveniente dalla Scottona nostrale o dalla Chianina anche se ormai si utilizzano anche altre, allevate in Italia ma di provenienza estera”. Come, ad esempio, la Rubia Gallega spagnola oppure l’Angus scozzese. “Tutti pensano che la Scottona sia una razza ma non è proprio così. – prosegue – In realtà si tratta di una femmina macellata entro 24 mesi che non ha conosciuto il toro, quindi non ha fatto né monta, né ha partorito. La Chianina, invece, è una razza e normalmente si utilizza carne proveniente da una femmina con 25/30 giorni di frollatura. È fondamentale che quest’ultima sia corretta affinché la carne sia morbida”.
Molto importanti sono i tagli di carne da scegliere. “Il risultato gustativo dipende dalla parte che si preferisce – prosegue Alessandro Soderi – Di norma si usa la zona posteriore dell’animale, dal bacino fino all’ottava costola”. A salire si tagliano prima la costata, poi la T Bone, filetto e controfiletto, per terminare con l’entrecôte che si prende dalle tre costole centrali. “Ogni parte dell’animale ha una muscolatura diversa – evidenzia – quindi prelevare il pezzo di carne dal posto giusto fa sì che sia più gustosa”.
Come si cuoce una bistecca? Prima di tutto va tolta dal frigorifero almeno 3 ore prima della cottura altrimenti lo choc termico fa contrarre il muscolo e la carne diventa dura da masticare. “Per me la carne va cotta così com’è – continua Alessandro Soderi – anche se alcuni preferiscono ottenere la cosiddetta reazione di Maillard, cioè la caramellizzazione delle proteine che avviene nel momento in cui la carne tocca la griglia incandescente. In questo modo i grassi e le proteine si cristallizzano creando una crosta che protegge la parte interna, che cuoce così più lentamente. Io preferisco assaggiarla così com’è per poi decidere che condimento aggiungere. La carne deve essere fra il rosso e il rosato. Noi la ordiniamo al sangue ma in realtà si tratta di una cottura tra medio e al sangue, altrimenti lo sbalzo di temperatura fra il caldo dell’esterno e il freddo della parte interna potrebbe dare fastidio durante la digestione”. Dopo la cottura si sala quanto basta anche se c’è chi ama aggiungere anche olio, pepe, aglio. maionese ecc. a seconda del gusto.