Sulla E-news del senatore di Scandicci il durissimo attacco all’Istituto di previdenza dei giornalisti che dal luglio prossimo passerà all’Inps fra imprecisioni e affermazioni degne dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini
Ci mancava soltanto Matteo Renzi. Non contento di andare da un capo all’altro del mondo, dall’America agli Emirati Arabi, per la sua arcinota attività di conferenziere; non pago di continuare a prendere a pugni come fosse un punching-ball Enrico Letta e il Pd (suo ex partito di cui è stato anche il segretario); non ancora sazio di incrociare le lame contro Giuseppe Conte e il M5S, adesso il senatore di Rignano, pardon di Scandicci come lui bonariamente si definisce, si è trovato un nuovo “nemico” da combattere a spada tratta: la cosiddetta casta dei giornalisti e il suo istituto previdenziale.
Qui bisogna fare un piccolo passo indietro. Dal primo luglio del 2022 l’Inpgi passerà all’Inps. Lo prevede la legge di Bilancio presentata dal governo. Da anni l’Istituto ha i conti in rosso per la lunga e profonda crisi dell’editoria ma anche per regole pensionistiche più generose rispetto a quelle generali. Da qui la decisione dell’esecutivo Draghi che, tuttavia, non ha sciolto l’istituto, non è intervenuto sulle attuali pensioni e ha lasciato fuori dell’Inps, il fondo dei giornalisti che svolgono lavoro autonomo (Inpgi 2).
Ebbene, nella sua E-News del 5 novembre Renzi con uno stile degno del miglior Guglielmo Giannini fondatore nel 1946 dell’Uomo qualunque ha pensato bene di intervenire su una vicenda anche piuttosto dolorosa se si vuole soprattutto per quei giornalisti che appunto i giornali (cartacei oppure on-line) li fanno tutti i giorni magari con compensi che variano dai cinque ai dieci euro lordi ad articolo e che forse uno straccio di pensione non l’avranno mai. Troppo facile sostenere che l’Inpgi “Più che una cassa di previdenza” è “direi una CASTA di previdenza. Gestito male, ha ottenuto di essere “salvato” dall’INPS” e che “il trattamento pensionistico privilegiato dei giornalisti viene pagato dalla fiscalità generale, tutti noi”. Tutti i giornalisti, almeno secondo lui. Affermazioni quest’ultime che rivelano una scarsissima conoscenza della materia. Perché se è vero che sì alcune pensioni sono sicuramente privilegiate (magari a fronte di 30 anni di contributi versati però…, dunque avendo lavorato e sodo) altre arriveranno a malapena alla minima. Troppo facile fare di tutta un’erba un fascio affermando che “I giornalisti scaricano i loro privilegi sulle prossime generazioni e tutti zitti”. Tutti, ancora una volta e senza distinguo.
E poi quali privilegi? Matteo Renzi è troppo scaltro per non sapere che ormai non esistono più. E pensare che quando è stato a Palazzo Chigi l’occasione l’avrebbe anche avuta per mettere mano a una legge sull’editoria degna veramente di questo nome. Ma se ne è ben guardato, come del resto hanno fatto anche i precedenti e i successivi inquilini. E quando qualcuno ci ha provato sono stati soltanto dolori e delusioni. Matteo Renzi è troppo scaltro per non sapere per esempio che parte del dissesto dell’Inpgi è dovuto da un lato alla grande difficoltà di chi si avvicina adesso a questa professione ad avere un contratto regolare (con versamento dei contributi quindi) e dall’altro ai tagli selvaggi messi in opera delle varie “aziende editoriali” giustificati con le difficoltà di vendita del prodotto cartaceo che finiscono inevitabilmente per gravare appunto sulle dissestate casse dell’Inpgi: ultimo caso, i 54 colleghi prepensionati a Repubblica. No, naturalmente questo non lo sa ma va bene così. Dopo i no-vax e i no-green pass anche Renzi non trova di meglio che prendersela contro una categoria su cui in questo momento è semplicissimo sparare: in un tiro al bersaglio stupido e con tutta franchezza ormai adesso anche abusato.