Durissima polemica tra il Console onorario e il gruppo di minoranza in Consiglio alla vigilia della presentazione del rapporto di Amnesty International sulle condizioni dei palestinesi nello stato ebraico
La presentazione del rapporto di Amnesty International sul presunto “apartheid portato avanti dal governo israeliano nei confronti delle popolazioni palestinesi” provoca la durissima reazione del Console onorario di Israele per la Toscana, Emilia Romagna e Lombardia Marco Carrai. Il rapporto verrà illustrato domani venerdì 4 Novembre alle 17, presso la Sala Multimediale dell’Infopoint di Santa Maria Novella in un incontro pubblico. In precedenza però a Palazzo Vecchio, in sala Macconi, l’iniziativa verrà anticipata in una conferenza stampa alla quale parteciperanno i consiglieri comunali di Sinistra progetto Comune Antonella Bundu e Dmitrij Palagi, oltre a Tina Marinari (dell’Ufficio Campagne della sezione italiana di Amnesty International), Bilal Murar della Comunità Palestinese di Firenze e Gianna Maestrelli di Firenze per la Palestina.
Ed è proprio l’incontro con i giornalisti in quella che è universalmente conosciuta come “la casa dei fiorentini” a scatenare la dura polemica di Carrai che in una nota pesantissima definisce “sconvolgente che in Palazzo Vecchio, sede del Comune di Firenze, si possa tenere una manifestazione che dipinge Israele come uno Stato dove vive l’apartheid”. E poi aggiunge: “Secondo loro difendere Israele, di cui sono Console, dall’accusa di essere uno stato dove vige l’apartheid è un attacco strumentale alla loro campagna. Trovo sconvolgente che si continui nel silenzio delle autorità e delle istituzioni a dipingere Israele come uno stato dove vige l’apartheid. Una democrazia dove votano tutti senza nessuna discriminazione secondo loro è uno stato di apartheid. Una democrazia dove medici israeliani, arabi e ebrei lottano insieme anche per salvare le vite dei palestinesi secondo loro è uno stato di apartheid. Forse i consiglieri dovrebbero riacquisire una visione più ampia e volgere lo sguardo ad altri Paesi dove lì davvero non si vive in libertà. Un nome a caso: l’Iran”.