Sta suscitando numerose prese di posizione la decisione della Commissione politiche sociali di Palazzo Vecchio, di bocciare la risoluzione presentata da Barbara Felleca (Italia Viva) in cui si invitava il Parlamento a intervenire con una legge apposita sul tema del fine vita. Qui la vice presidente del Consiglio Comunale spiega la sua grande delusione, riferita anche alla propria esperienza personale
Ho scelto di impegnarmi nella vita politica attiva dieci anni fa, con l’ingenuità e l’ottimismo di chi ancora crede che la Politica sia uno strumento per cambiare un pezzetto di mondo. Quella ingenuità e quell’ottimismo le conservo (ahimè), ancora oggi, e sono la ragione profonda di quelle lacrime che sono seguite alla incomprensibile bocciatura del mio atto che chiedeva al Legislatore di tornare ad occuparsi di un tema, forse mediaticamente poco attrattivo ma significativo per tante persone, che è il fine vita. Un tema delicato e complesso che oggi è lasciato alle sentenze, spesso diverse, della Magistratura, e rispetto al quale è stata la stessa Corte Costituzionale a sollecitare l’intervento del Legislatore; un vulnus nel nostro sistema di diritti e doveri, inaccettabile per una società civile evoluta anche da un punto di vista medico ed etico, ma incapace sul punto di produrre diritto (e diritti).
Come le tante persone che assistono impotenti al progredire irreversibile di malattie degenerative che ti privano inesorabili degli affetti più cari, senza possibilità di scelte di vita e di amore, ho sentito e sento bruciante la mancanza di una legge; e ci si sente impotenti. Ecco perché ieri ho pianto: ho provato di nuovo quel senso di impotenza, oltre alla rabbia, davanti alla incapacità di trovare una convergenza su un punto, semplice: un invito al Parlamento Italiano “ad intervenire con apposita Legge a normare la materia, delicata e complessa, del fine vita”, che era quello che avevo chiesto con la risoluzione 309/2023, bocciata ieri.
Se la Politica, almeno quella riformista che si propone di allargare diritti e tutele, non riesce neppure a fare sintesi rispetto ad un invito ai Parlamentari a riprendere in mano il tema del fine vita nel perimetro di quanto richiede la Suprema Corte, allora abbiamo perso tutti. Oggi non replicherò a nessuno, neanche a chi mi imputa “toni rancorosi”, perché provo solo una grande tristezza, e dopo le lacrime di ieri anche una grande determinazione nel portare avanti questa battaglia, con chi vorrà esserci. Perché il giorno che dovessi perdere quella mia primitiva ingenuità ed ottimismo, perderei me stessa; e la ragione del mio fare politica, che ormai è una parte importante della mia vita.