Alla Crumb Gallery #womeninart di via San Gallo 191 rosso, l’8 marzo si inaugura la mostra di Adriana Luperto “All you can fuck” sulla prostituzione femminile con le installazioni sonore di Francesca Sardoni
Ha scelto una data emblematica per la sua nuova mostra: l’8 marzo. Ma attenzione non si pensi di trovarsi di fronte a un qualcosa di meramente banale, scontato o addirittura rivisto attraverso i filtri del consumismo più bieco. Anche se in un certo senso la parola consumismo si adatta benissimo. Perché “All you can fuck” di Adriana Luperto che si inaugura il giorno della festa della donna alla galleria Crumb Gallery #womeninart in via San Gallo 191 rosso (per visitarla bisogna prenotarsi al 347-3681894) racconta e fa vedere un universo diverso, quello della prostituzione femminile dove le immagini però non sono mai volgari e soprattutto non sviliscono mai le protagoniste.
Il titolo deriva dal nome dei bordelli a tariffa forfettaria presenti a Berlino e un po’ ovunque in Germania, dove la prostituzione è legale fin dagli inizi del Duemila: luoghi in cui, oltre al cibo, per 90-130 euro si può “consumare” le sex workers, ragazze costrette anche a decine di rapporti al giorno, dalle 16 alle 3 di notte. Luperto ha scelto di rappresentare questo mercato su carta di riso, forte della tecnica appresa da un maestro locale durante una sua permanenza in Cina a Shangai nel 1989. Sono 15 acquerelli che raccontano le molte storie che tutti i giorni si consumano con orrore sulla pelle di tante donne di etnie diverse, italiane, nigeriane, rumene, bulgare, ungheresi.
“Ho letto libri, parlato con donne che si sono prostituite, ascoltato racconti quasi dell’orrore sulla vita che sono state costrette a fare – racconta l’artista che vive tra Lecce e Firenze dopo aver esposto per molto tempo a Milano e aver girato una bella fetta di mondo -: quello che sappiamo sulla mercificazione del corpo di una donna è nulla di fronte all’enormità della realtà. Non ho voluto riportare tutto questo: ho voluto far vedere la loro bellezza, la loro sensualità, che c’è, sempre, a prescindere da tutto”.
Negli acquerelli le immagini si susseguono l’una dopo l’altra. C’è la storia de La bambina, appoggiata a una porta socchiusa, dove aleggia quell’innocenza dell’infanzia non ancora intaccata dalla crudeltà della vita. E poi le Nigeriane che camminano di spalle sullo sfondo di un cielo livido, oppure le donne sedute al margine della strada in attesa, o ancora in Pausa la sola sedia vuota a dominare in modo emblematico la scena. Ma quello senza dubbio più evocativo è Sola, unico in cui appare anche la figura di un uomo di cui si vede soltanto la parte inferiore del corpo. La donna invece, nuda e senza testa, è seduta al bordo del letto con le gambe a penzoloni. I 15 acquerelli sono accompagnati da installazioni sonore della sound designer Francesca Sandroni che restituiscono voci, sospiri, ansimi, rumori della strada, echi di frenate e di brusche accelerate: insomma le atmosfere degli incontri a pagamento. Un ulteriore motivo di riflessione.