Il sovrintendente in Commissione Controllo spiega le spese sostenute che hanno portato all’apertura di una inchiesta da parte della Corte dei Conti
“Se non avessi trovato i 7,5 milioni con gli sponsor, la Fondazione sarebbe fallita. Prima del mio arrivo il Maggio aveva 2,6 milioni di sponsorizzazioni, poi siamo arrivati a 4 nonostante il Covid. E ora, appunto, a 7,5 milioni. Col Covid c’era un forte problema sulle sponsorizzazioni. Le persone volevano rinunciare alle sponsorizzazioni, abbiamo dovuto convincere gli sponsor a non andare via e, nello stesso momento, ho cercato nuovi introiti. Però la speranza di trovare nuovi soldi a Firenze era zero. Firenze non è una città molto generosa. Per cui era chiaro che l’unica chance che avevo di far vivere il Maggio era trovare soldi all’estero. Avevo una rete molto forte in Svizzera, da qui i miei viaggi”.
Davanti alla commissione controllo di Palazzo Vecchio, il sovraintendente del Maggio Alexander Pereira difende le sue scelte e ribadisce più di una volta di essere pronto a correggere eventuali errori ma che in questa circostanza, le spese da lui sostenute con la carta di credito dell’ente lirico di cui il Comune è socio, di errori non ce ne sono. E alla fine l’impressione che lascia è di una persona in perfetta buona fede, che a tratti nemmeno riesce davvero a comprendere perché si trovi al terzo piano della Sala di Firenze Capitale a rispondere alle contestazioni rivoltegli un po’ da tutti i gruppi di opposizione, in particolare Fratelli d’Italia che ha fatto venire alla luce la questione, e hanno portato in seguito la Corte dei Conti ad aprire un fascicolo. “Quando sono arrivato al Maggio – ha ricordato puntigliosamente – i debiti erano pari a 60 milioni e mi venne detto che potevo essere l’unico a salvarlo. Ero “famoso” per trovare fondi. Quando ho accettato l’incarico avevo già trovato 350 milioni di euro per le altre istituzioni che avevo diretto in passato. Adesso abbiamo ridotto i debiti a 52 milioni. Nell’ultimo anno ho trovato finanziamenti per 7,5 milioni e il bilancio è in positivo per 450.000 euro”. Quanto poi alle famose cene su cui nei giorni scorsi si è molto discusso e ironizzato, Pereira è anche più deciso: “Per il 90% dei casi le ho pagate io – dice ancora -, senza usare la carta di credito aziendale. Quando i ristoranti erano chiusi per il Covid per me era importante invitare gli artisti a casa, perché è l’investimento più importante da fare per poi avere una programmazione di grande qualità”.
E rilancia anche la sua idea di creare un festival permanente del Maggio e non come accade adesso invece con la programmazione che dura due mesi al massimo. Un po’ come avviene a Salisburgo. Unica chance secondo il sovraintendente che ha il teatro fiorentino per avere un maggiore respiro internazionale. “Firenze – ha aggiunto – deve decidersi ad andare in questa direzione”. E per andarci servono i soldi che devono essere trovati. “Io tutte le settimane perdo un membro dell’Orchestra del Maggio –sottolinea ancora – perché guadagna meno di uno dell’Orchestra regionale della Toscana: questo non è possibile. Dobbiamo proteggere i nostri talenti”.
Dmitrij Palagi e Antonella Bundu (SPC) non prendono molto bene le dichiarazioni di Pereira, lo stesso fanno Alessandro Draghi (FdI) ed Emanuele Cocollini (Centro). La difesa per Pereira è affidata al consigliere Pd Massimo Fratini che ricorre a una efficacissima metafora calcistica per spiegare il tutto. “Bisogna decidersi se si vuole giocare in Champions League oppure disputare un campionato per salvarsi: se si vuole un sovrintendente top, da Champions League, allora il lavoro da svolgere è questo”. L’audizione termina dopo due ore con una ultima frase che forse spiega più di ogni altra cose tutti i discorsi fin qui buttati sul tavolo: “Ho voluto essere in questa commissione in presenza – conclude Pereira – perché mi piace spiegare le cose guardandosi in faccia. Non sono un truffatore, penso che le persone lo abbiano capito. Resterò alla guida del Maggio, nessuno ha chiesto le mie dimissioni”.