Sarà trasferita da piazza de’ Ciompi a via Martiri del Popolo. Fra i presenti anche il console di Israele per la Toscana Marco Carrai. L’Imam: “Questa è la moschea non solo dei musulmani, ma di tutta la città”
La moschea, vent’anni dopo. Vent’anni in cui si è discusso, cercato, parlato, concordato e infine lottato contro uno sfratto che voleva fuori dalla sede storica di borgo Allegri-Piazza dei Ciompi una comunità di oltre 30mila persone, che vi si recavano il venerdì a pregare, fuori senza nessuna alternativa. Due accessi con la forza pubblica (che non si è mai presentata), mentre il lavoro, anche dell’amministrazione continuava, lento e costante, come spiega oggi il sindaco Nardella in piazza dei Ciompi, sotto il pelo dell’acqua, lontano da proclami e grandi palcoscenici.
Un lavoro che porta la moschea, stavolta a fronte di un’offerta di acquisto pari a 1,2 milioni di euro, come già lanciato ieri sera dai bene informati, nella sede della ex filiale della Banca Intesa San Paolo, 480 metri circa, qualcosa in meno rispetto allo spazio occupato dall’altra parte della piazza, (200 metri quadri in meno, dice qualcuno) ma che risolve, almeno all’oggi, due problemi: il primo, restare in una zona in cui la comunità ha avuto il tempo di integrarsi e farsi conoscere, il secondo, finalmente pensare di avere un proprio spazio, secondo un diritto ma prima ancora un’etica originaria degli esseri umani, ovvero avere un posto dove raccogliersi in preghera. Un principio che ha raccolto da tempo, attorno alla comuità islamica e alla sua guida, l’imam Izzedin Elzir, una solidarietà che spazia dalla comunità ebraica, presente fin dal primo accesso di sfratto con il rabbino, il presidente, molti esponenti della comunità e molti fedeli, alla comunità valdese, alla chiesa cattolica, presente con vari esponenti di varie gerarchie ecclesiastiche, alla comunità buddista, secondo un principio elementare e fortissimo, a nessuna comunità può essere impedito di avere lo spazio per pregare.
La moschea, vent’anni dopo e alla svolta di uno spazio proprio, in piazza dei Ciompi-via Martiri del Popolo. Si respira aria di festa, che travolge persino i residenti, persino chi qualche dubbio lo esterna: “sono tanti, saranno tanti, ci saranno dei disagi”…. ma anche: “Meglio loro che un altro friggitore” “O un Macdonald” (detto tutto attaccato e strascicato, alla fiorentina), “o uno spacciatore d’alcol”, “Sta tranquillo, loro non bevono”, “appunto!” e si ride. Perché ad ora, la festa è contagiosa e si propaga, dai sorrisi dei vicini di casa (molti della comunità islamica abitano in zona), quelli che incontri con il bambino al giardinetto, in piazza o dal fornaio, all’aria finalmente serena dell’Imam, alla gioia del sindaco Dario Nardella, che si sente riscattato anche dalle tante critiche che sono piovute addosso, a lui e alla sua giunta, per quello che tanti ritenevano immobilismo, e che invece, rincara più volte “era un intenso lavoro di accompagnamento” per trovare la soluzione.
Aria serena e di festa anche per la sorpresa della giornata, ovvero la presenza del console d’Israele per la Toscana Marco Carrai. Magica Firenze. Una foto che vale una copertina internazionale, quella di stamane ai Ciompi: l’imam Izzedin Elzir e il console d’Israele Marco Carrai, vicini, quasi abbracciati. Carrai non porta la sua “sola” solidarietà, ma si rivela, nello svolgersi della narrazione dei fatti, come un elemento, un passaggio d’importanza per la chiusura della vicenda, con l’ormai quasi sicuro acquisto dell’ex filiale di Banca Intesa. Perché? Per un interessamento specifico, che sarebbe valso l’accelerazione di una vicenda che sembrava, ancora una volta, stemperarsi nel limbo dei se e dei ma. E non sono pochi a indicare nella presenza di Carrai il vero giro di boa della vicenda.
Una vicenda che fra pochi giorni, l’8 giugno prossimo, rischiava di giungere a una drammatizzazione improvvisa, dal momento che lo sfratto, al suo terzo accesso, avrebbe potuto essere praticato con la forza pubblica, assente nelle due volte precedenti. Una prova di forza cui la comunità si presentava serena: “Saremo a pregare” Aveva detto l’Imam. Ora, oggettivamente, la situazione è cambiata, ma di fatto l’8 giugno sarà comunque difficile che la comunità esca dalla sede di proprietà della società pratese Finvi, dal momento che, prima che la nuova sede sia pronta, qualche lavoro bisognerà pur farlo, sebbene, assicurano tutti, amministratori e membri della comunità, non siano troppi, lunghi o complessi. Sembra che il punto fondamentale sia la costruzione di una scala per raggiungere i locali sottostanti il piano stradale, dove si sviluppano di più gli spazi. A domanda di cosa succederà l’8 giugno, l’imam dice: “Abbiamo già dato la nostra risposta. Resteremo a pregare, resteremo dove siamo, finché non avremo un’altra sede per accoglierci”. D’altro canto, mettere in strada una comunità di oltre trentamila persone potrebbe, allora sì, diventare anche un problema di ordine pubblico. Soccorre il sindaco Nardella che dice che comunque l’amministrazione ha e avrà il modo di parlare con la proprietà. Forse, a conti fatti, verso novembre, la nuova sede sarà completamente disponibile.
Soldi dunque, altri soldi rispetto al già oneroso impegno, per la comunità islamica, di pagare 1,2 milioni per i locali dove sorgerà la nuova sala di preghiera. E qui, scattano le domande e i dubbi: da dove vengono questi soldi? “La comunità islamica si autofinanzia”, dice Elzir. Siamo sicuri, incalza qualcuno, che non giungano da stati stranieri? “Le donazioni sono aperte- dice l’Imam – ma non ci sono fondi di altri stati, perché non accettiamo nessun condizionamento”. E ricorda l’episodio che preoccupò molti, la famosa offerta di 15 milioni per la moschea da costruirsi a Sesto Fiorentino, da parte di uno Stato straniero, che venne respinta al mittente dalla comunità islamica, dal momento che doveva essere accettata a una pesantissima condizione: che il donatore avesse nominato l’Imam. Naturalmente, la risposta fu un fermo no. Ma a parte le vicende pregresse, tutta la comunità, spiega l’Imam, farà donazioni, e anche amici al di fuori della comunità. Alla domanda se ci siano anche comunità religiose, magari quelle che hanno espresso la propria solidarietà nei momenti di maggiore pressione, Elzir non ha dubbi: “Abbiamo detto di no, a offerte, finora, in quanto non avevamo nessuna idea concreta di dove avremmo potuto impiegarle… ” Mentre ora, la sede, concreta, c’è. “Chi poi ha dubbi sull’utilizzo dei fondi può venire da noi, gli facciamo vedere i nostri conti, però poi chiediamo a chi ha dubbi di mostrare il proprio, di conto”. Sulla questione dei fondi inoltre, è proprio Marco Carrai a precisare con decisione: “Dal momento che la vendita passa attraverso una banca, che è Banca Intesa San Paolo, i controlli sono fatti per legge. E vi posso dire con certezza che non ci sono fondi governativi”. Un Nardella gioioso, pieno di soddisfazione, aveva aperto l’incontro. “Oggi siamo arrivati a un punto di svolta storico per la nostra città e per la comunità islamica della nostra città. Dopo 20 anni di discussioni polemiche e chiacchiere al vento, oggi siamo arrivati con un gioco di squadra importante ad individuare la nuova moschea di Firenze”. “Ringrazio tutta la città, ringrazio le istituzioni, questa è la moschea non solo dei musulmani, ma di tutta la città di Firenze”, dice, e riassume in poche parole il senso della giornata, l’Imam Elzir.