Intanto scivola da sabato 26 a domenica 27 la convention a Roma che dovrebbe lanciare in via ufficiale la corsa del sindaco di Firenze alla segreteria del Pd. “Non si costruisce un progetto politico con il rancore”
Scivola da sabato 26 a domenica 27 la “Leopolda” romana del sindaco Dario Nardella che in quella occasione dovrebbe finalmente lanciare in via ufficiale la sua corsa alla segreteria del Pd. Dopo la presentazione del suo libro di sabato scorso al Tuscany Hall, “La città universale – Dai sindaci un futuro dall’Italia e l’Europa”, che è parsa una sorta di test per sondare possibilità idee e consenso alla candidatura fiorentina al Nazareno, la convention annunciata nella Capitale per “vedere l’effetto che fa” alla Jannacci è stata spostata di 24 ore per cercare, si dice, un luogo adatto alla promozione della sua campagna.
Segnale neppure troppo nascosto della difficoltà che sta trovando in questo momento l’inquilino di Palazzo Vecchio anche solo per far passare una linea o un’idea di rinnovamento all’interno di un partito dominato dalle paure e dai giochini infiniti delle correnti, preoccupato soltanto di mantenere le proprie posizioni di potere, incapace ormai di intercettare i bisogni reali dei cittadini, arroccato su posizioni antiche e ormai quasi anacronistiche. “Il congresso del Pd serve per non farselo fare da chi è fuori” ha detto Nardella in una intervista rilasciata ad Agorà su Rai3 mettendo in guardia dal timore che il suo partito “sia schiacciato fra 5 Stelle e Terzo Polo. Credo che la cosa importante oggi sia legare una leadership a delle proposte concrete, lavorando sulla massima apertura del Pd. E dunque a questo mi candido, a dare un contributo di idee: poi sulle vere e proprie candidature ufficiali vedremo nei prossimi giorni, nelle prossime settimane. Non mi tiro indietro, non nel lanciare un’autocandidatura, ma nel lavorare perché questo Pd si apra alle forze sociali, al mondo della cultura, al mondo dell’associazionismo”.
Insomma la convention romana, negli intendimenti di Nardella, dovrebbe servire a “far parlare chi oggi non si sente rappresentato nel Pd di oggi, non è dentro il Pd, ma vuole dare una mano, e pensa che sia fondamentale avere una forza democratica di centrosinistra che sia alternativa alle destre”. E come si realizza tutto ciò? Tenendo il prima possibile il “per darci forza e rimanere uniti: perché non sia una resa di conti tra gruppi di potere per cui chi vince prende tutto e chi perde se ne va, ci vuole una dialettica. Se siamo più forti e autonomi, possiamo costruire anche delle alleanze utili guardando a chi può essere più vicino alle nostre posizioni, se Conte o se il Terzo Polo. Non si costruisce un progetto politico con il rancore, credo che chiunque usi il metro del rancore nel mio partito sbagli”.
Nardella, che nelle ultime ore pare si sia avvicinato molto al sindaco di Bologna Matteo Lepore, non proprio allineato col Governatore emiliano Stefano Bonaccini, altro pretendente “pesante” alla segreteria del partito insieme alla sua vice fino a pochi giorni fa Elly Schlein, ribadisce però la necessità di essere protagonisti a pieno titolo nelle prossime assise Dem “perché sentiamo tutta la responsabilità di cambiare profondamente il partito, chiuso in sé stesso, incapace di rigenerarsi, coniugando e rilanciando le diverse culture che trenta anni fa hanno dato vita al grande progetto e sogno dell’Ulivo. Laici e cattolici, riformisti e progressisti, nord e sud. Perché non esiste una leadership forte e innovatrice senza idee e valori”.