Una delegazione del Collettivo della fabbrica campigiana è arrivata davanti ai cancelli dello stabilimento di Marradi in presidio per scongiurare la chiusura e il trasferimento della produzione a Bergamo
Hanno brindato all’anno nuovo in fabbrica i dipendenti e le dipendenti dell’Ortofrutticola del Mugello impegnati a scongiurare la chiusura dello stabilimento e il trasferimento di tutta la produzione di marron glaces a Bergamo nella sede di Italcanditi proprietaria del sito di Marradi. In ballo ci sono 80 posti di lavoro in una vicenda che ricorda molto da vicino quella della Gkn di Campi Bisenzio.
Con loro oltre al sindaco Tommaso Triberti e alla vicesindaco Vittoria Mercatali tanti marradesi che hanno voluto condividere con le maestranze in un tendone, e all’aperto, ansie e preoccupazioni nella notte di San Silvestro. “La risposta del paese – racconta il sindaco Tommaso Triberti – è stata straordinaria e commovente. Una vera mobilitazione, di associazioni e cittadini, che hanno messo a disposizione cibo e bevande, i cacciatori hanno fornito le roulotte dove far dormire chi fa i turni di notte, gli Alpini hanno fatto il vin brulé e i castanicoltori le caldarroste, mentre la Protezione Civile ha montato la tenda pneumatica dove stare al caldo e al coperto”.
E proprio dalla Gkn arriva la solidarietà alla lotta dei lavoratori con una delegazione della fabbrica campigiana che oggi ha voluto far sentire la loro forte presenza ai dipendenti dell’Ortofrutticola del Mugello. “Siamo di nuovo di fronte a una fabbrica in attivo che rischia la chiusura per la pura massimizzazione del profitto – ha detto Roberto Spera delegato Rus di Gkn -. Ma siamo anche di fronte all’ennesima fabbrica legata e difesa da un territorio che può insorgere. La vogliamo dire così: se in Gkn non si poteva permettere che sfondassero, a Marradi non si può perdere. C’è la storia, la capacità, le macchine, la materia prima e un fabbrica che, ricordiamolo, nasce storicamente come azienda pubblica”.
Per Chiara Torsoli, Flai di Firenze “con la chiusura di questa fabbrica si mette in crudo un intero territorio montano e 80 donne per una decisione che non ha alcuna motivazione. È l’ennesima speculazione finanziaria dell’ennesimo fondo di turno in barba ai lavoratori, le lavoratrici e al tessuto economico e sociale di una comunità che si è mobilitata in maniera stupefacente”. Marina Bambi, 36 anni come impiegata nello stabilimento commenta con amarezza: “Sono delusa di questa situazione, ci siamo tutte riunite, sostenute da tante associazioni e volontari, spero che l’azienda ci ripensi . A questo punto vorremmo risposte e comunicazioni ufficiali dall’amministratore delegato, e dal dott. Bonomi a capo di Italcanditi”.