Il Comune ha deciso di utilizzare i soldi del Pnrr per riqualificare le case popolari. le prime famiglie dovrebbero traslocare entro il 30 giugno, ma i residenti vogliono assicurazioni scritte
di STEFANIA VALBONESI
Via Accademia del Cimento, torna la protesta. Un gruppo degli abitanti delle case popolari, che entro giugno dovrebbero lasciare le loro abitazioni in seguito alla decisione presa dal Comune di utilizzare i soldi del Pnrr per riqualificare 3 blocchi, essendo in questo momento sospesa una prima operazione che si basava sul super bonus del 110%, si è recato ieri in presidio sotto Palazzo Vecchio, mentre era in corso il consiglio comunale. Dopo un’acceso confronto che si è verificato quando l’assessora alla casa Benedetta Albanese è scesa in via de’ Gondi per incontrare il gruppo, una delegazione è stata ricevuta in Palazzo Vecchio. All’assessora sono state notificate le posizioni prese in assemblea dagli abitanti dei blocchi, che dovrebbero essere traslocati a gruppi, secondo l’apertura dei cantieri. Le prime 60 famiglie dovrebbero traslocare temporaneamente entro il 30 giugno, ma sono altre 120 quelle che dovrebbero traslocare in seguito, all’avanzare dei lavori. Le richieste rimangono le stesse, quelle da sempre avanzate dai residenti, che, in mancanza di “assicurazioni scritte”, come dicono, non si sentono tranquilli, anzi. Del resto, la più che decennale vicenda di via Torre degli Agli si svolge a poche centinaia di metri da via Accademia del Cimento, e non li rende per niente fiduciosi.
Intanto, come continua a sottolineare l’amministrazione, il fatto che le risorse verranno corrisposte solo se i lavori verranno svolti entro i termini, è già di per se’ un elemento che dovrebbe tranquillizzare gli assegnatari. Tuttavia, il problema di spostare famiglie che presentano in generale un’età elevata (alcuni è trent’anni che vivono nella casa che dovranno lasciare) o hanno problemi legati a disabilità e altre fragilità oppure hanno nuclei famigliari numerosi con generazioni stratificate, è più complesso di quanto sembri. E fra i punti più gettonati, nonostante i tanti niet del Comune, uno è quello di vagliare la possibilità di restare in casa nel corso dei lavori. Sul punto, una lettera sottoscritta da 80 famiglie, è stata recapitata all’assessora Albanese; lettera in cui, dopo aver lamentato fatto che il progetto è stato calato dall’alto senza chiedere la partecipazione delle famiglie, si chiede la ricontrattazione del progetto, cercando di mettere sul tavolo proprio la possibilità di svolgere i lavori con le famiglie dentro gli alloggi.
Altra questione, quella delle residenze, che il comune ha di nuovo assicurato che resteranno ferme, lì nelle case assegnate, “ma anche questo dovrebbe essere almeno scritto nero su bianco”. Stessa questione quella delle volture dei servizi, di cui si farebbe carico il Comune. Fra i molti che hanno accettato le nuove case temporanee, in altrettanti tuttavia, nonostante proseguano i colloqui individuali, non hanno accettato alloggi che o erano troppo piccoli, o mostravano segni evidenti di usura, oppure erano inadeguati alle esigenze di chi magari si trova in carrozzina. Quanto alla promessa del comune di farsi carico delle spese di trasloco, emblematica è la vicenda raccontata da un assegnatario, che avendo chiesto quanto costava il trasloco, ha richiesto al Comune di rifondere la spesa. Purtroppo si tratta di qualche migliaio di euro che saranno risarciti in seguito dalll’amministrazione, con modalità che potrebbero anche prevederne lo scalamento dal canone. “Purtroppo io non ho nella mia disponibilità quei soldi – dice l’assegnatario – perciò ho fatto sospendere tutto”. “Tutte questioni che sono state sollevate nell’incontro di oggi – conclude uno dei portavoce degli assegnatari – e con chiarezza abbiamo detto che, se non ci saranno date precise, impegni altrettanto precisi del Comune per quanto riguarda le nostre richieste, non ce ne andremo”.