Da domani alla Pergola in prima nazionale due testi dell’autore austriaco del Novecento: “Il riformatore del mondo” e “Minetti, ritratto di un’artista da vecchio”
La Compagnia Mauri-Sturno, tra i più longevi gruppi teatrali italiani, affronta per la prima volta Thomas Bernhard, mettendo in scena in prima nazionale al Teatro della Pergola dal 10 al 15 gennaio due testi teatrali dell’autore austriaco: Il Riformatore del mondo e Minetti, ritratto di un artista da vecchio racchiusi nel progetto Interno Bernhard, con la regia di Andrea Baracco. In scena con Glauco Mauri e Roberto Sturno, Stefania Micheli, Federico Brugnone, Zoe Zolferino, Giuliano Bruzzese. Lo spettacolo si avvale delle scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta, le musiche di Giacomo Vezzani e Vanja Sturno, le luci di Umile Vainieri (Per informazioni: 055.0763333 – www.teatrodellapergola.com).
Ne Il Riformatore del mondo del 1979 un intellettuale ormai vecchio, che vive in profonda solitudine, sta per ricevere a casa sua una delegazione ufficiale che gli consegnerà la laurea honoris causa per aver scritto un famoso trattato su come salvare il mondo. Ma per lui tale riconoscimento è la conferma che nessuno ha letto il suo saggio poiché, nello stesso, sostiene che per migliorare il mondo bisogna eliminare gli uomini dalla faccia della Terra.
A Bernhard Minetti, grande attore tedesco del secolo scorso, scopritore del teatro tragicomico e crudele di Thomas Bernhard, è dedicata la commedia con il suo nome e sottotitolata Ritratto di un attore da vecchio. Si racconta la vita immaginaria di un guitto ormai vecchio e disilluso che, mentre aspetta nella notte di Capodanno di andare in scena per l’ultima volta nel ruolo di Re Lear, si abbandona a un intenso flusso di coscienza per riflettere sulla propria vita, sul suo mestiere, e lanciare giudizi spietati su una società sempre più confusa e su un teatro sempre più privo di senso.
“Tutte le volte che ho letto un suo romanzo, un suo racconto, un suo testo di teatro, o anche soltanto osservato una sua foto, con quella sua figura slanciata e fasciata in un abito nero, Thomas Bernhard mi ha dato sempre la sensazione di essere qualcuno da cui è meglio stare alla larga – spiega il regista Andrea Baracco -. La sua prosa non permette al lettore di bluffare, è l’esatto opposto di quegli autori che leggendoli ti puoi distrarre tanto poi recuperi, ecco, con Bernhard non lo puoi fare, se l’attenzione ti salta, se per un attimo la pigrizia prende il sopravvento, lui ti volta le spalle e basta. Quello che c’è di sensazionale nella sua scrittura è che i suoi personaggi, non sembrano affatto allontanarsi da questo, anzi sembrano essere l’incarnazione della sensazione di cui dicevo sopra. Tra i più iconici nella drammaturgia della seconda metà del ‘900, Minetti e il Riformatore del Mondo non fanno assolutamente nulla per essere amati: il loro prepotente flusso verbale non lascia spazio al dialogo; la vocazione distruttiva nei confronti di ogni cosa o persona li circondi non può che produrre una feroce e agognata solitudine. In poche parole, non sembra per loro esserci risarcimento possibile davanti alla beffa dell’esistenza”.
Il titolo Interno Bernhard nasce dalla certezza che sia Minetti, sia Il Riformatore del mondo, pur nelle loro sostanziali differenze, abitino un luogo, che è da sempre lo stesso, e che va oltre il tempo della lettura o dell’aprirsi e del chiudersi di un qualche sipario. Se qualcuno li cercasse li può trovare lì, e nonostante la loro riconosciuta misantropia, o forse proprio facendo leva su essa, non avrebbero alcuna difficoltà ad aprire la porta, a invitarti dentro e segnalarti una poltrona su cui sedere, il rischio è che poi i due personaggi bernhardiani ti intrappolino così a fondo dentro la rete del loro fluviale pensiero da non lasciarti più andare via.