Da un anno fiere e sagre sono chiuse, i mercati consentiti in zona rossa solo per l’alimentare. E domani va in scena la protesta dei commercianti su area pubblica. Marinoni: “Senza sostegni adeguati e possibilità di lavorare, sono condannati a morte”
Fiere e sagre chiuse da un anno in tutta Italia, i mercati in zona rossa consentiti soltanto per alimentare. E’ un vero e proprio grido di disperazione quello che si leva dalla Federazione Italiana Venditori su Area Pubblica –Confcommercio attraverso le parole di Rodolfo Raffaelli per denunciare lo stato di profonda difficoltà causa Covid che sta attraversando la categoria pronta a scendere in piazza in tutte le città toscane per occupare simbolicamente gli stalli dei mercati rimasti vuoti da troppo tempo.
Due appuntamenti sono in programma già domani: alle 9 al mercato di Pistoia e alle 13 al piazzale Metro dell’Osmannoro per poi giungere a Firenze in via Cavour davanti alla sede del Consiglio Regionale intorno alle 16.30. “In Toscana – attacca il presidente ambulanti toscani di Fiva Rodolfo Raffaelli – ci sono province rosse da oltre un mese. Non ce la facciamo più a tirare avanti: se non moriamo di Covid moriamo di fame”.
Gli ambulanti chiedono a Regione e Governo di riaprire i mercati in toto, anche per la parte non alimentare, indipendentemente dalla classificazione delle aree. “I mercati si svolgono all’aria aperta – aggiunge il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – adottano le misure utili al contenimento del contagio, come il distanziamento, i percorsi obbligati e il contingentamento dei clienti, l’apertura dei banchi da un solo lato per evitare assembramenti, la sanificazione. Gli ambulanti sono anche disposti a fare di più, pur di tornare al lavoro. Ma davvero non si riesce a comprendere come fare la spesa al mercato possa essere più pericoloso che farla in un supermercato della grande distribuzione, o utilizzare un mezzo di trasporto pubblico”.
Ai fieristi va anche peggio perché gli eventi nei quali si sono specializzati non vengono organizzati più dal febbraio 2020. Resistere in queste condizioni è impossibile anche perché, aggiunge, si tratta di aziende per lo più fragili e poco capitalizzate, a conduzione familiare, dove il titolare ha investito i risparmi di una vita contando sul flusso di cassa per tirare avanti, pagare la merce e le spese, con margini di guadagno che già negli ultimi anni si erano molto ridotti. Ora che le entrate sono ferme, ma non le uscite, non sanno più che fare”.
Tatiana Di Mambro, giovane e combattiva ambulante che siede nel consiglio direttivo di Fiva Toscana e da qualche settimana anche in quello di Fiva nazionale sottolinea che “più che questione di sicurezza, è diventata una questione di giustizia sociale e di concorrenza leale: perché un negozio di ferramenta può restare aperto in zona rossa ma un banco ambulante che vende gli stessi prodotti no? Non si capisce questo accanimento contro la nostra categoria. So di colleghi che si sono rivolti alla Caritas per mangiare, altri vanno avanti con la pensione dei genitori anziani, ma siamo tutti allo stremo”.
Insomma per Fiva “sul futuro del commercio ambulante grava una pesantissima condanna a morte”. Limitazioni agli spostamenti imposte dai vari decreti, limitazioni imposte all’attività di bar e ristoranti sono solo alcune delle criticità che in questo momento sta vivendo il commercio su area pubblica. E sul fronte dei sussidi non va molto meglio. “Nella migliore delle ipotesi, con i ristori ricevuti, le aziende sono riuscite appena a pagare i contributi previdenziali” – conclude Marinoni -, conditio sine qua non per ottenere il rinnovo delle concessioni e accedere ai sostegni regionali. Sostegni che sono stati comunque insufficienti, se non addirittura una chimera per i fieristi: quasi nessuno di loro aveva partecipato a 80 fiere nel 2019, un limite minimo troppo alto. Senza sostegni adeguati e senza possibilità di lavorare, le micro e piccole imprese del commercio su area pubblica sono condannate a morte”.