Antonio Maffei da Volterra fu costretto a scrivere sotto tortura lo straordinario documento, venuto alla luce oltre cinque secoli dopo grazie alle ricerche di Marcello Simonetta, prima di essere giustiziato dai Medici
Il 26 aprile del 1478 è una delle date più tragiche e cruente della storia di Firenze. In Duomo, durante la Messa di Pasqua, si compie la congiura dei Pazzi con l’intento di assassinare Lorenzo de’ Medici non ancora il Magnifico. Lui si salverà, nell’attentato però morirà il fratello Giuliano. Il complotto, ordito dalla potente famiglia di banchieri rivale dei Medici e dall’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati per rovesciare il regime mediceo, si arricchisce adesso di un nuovo e per certi versi straordinario documento presentato questa mattina all’Archivio di Stato: la confessione di Antonio Maffei da Volterra, sicario scelto per assassinare Lorenzo che però non riuscì a portare a termine il suo compito probabilmente per paura e inettitudine. “In un certo senso Maffei era un po’ uno sfigato – spiega lo storico Marcello Simonetta che materialmente ha scoperto le due carte manoscritte in una filza del fondo denominato “Acquisti e doni” -. Viene coinvolto all’ultimo minuto, non ha il supporto dei soldati che credeva di avere perché era un curiale e si trova da solo a dover fronteggiare il compito più difficile di tutta la congiura”.
Ma chi era davvero Maffei? Lui proveniva da una famiglia benestante di Volterra, una sorta di “pretozzo” lo definisce Simonetta. A Volterra però sei anni prima i Medici, tramite i mercenari di Federico da Montefeltro, avevano compiuto il tristemente famoso “sacco” della città per via delle miniere di allume presenti nel territorio: un’operazione che oggi con un linguaggio moderno si definirebbe “speciale”. Logico che la comunità ce l’avesse a morte con i Medici e in particolare con Lorenzo. “C’era un desiderio di vendetta personale – prosegue Simonetta – e anche della comunità: quando Maffei arriva a Firenze non gli dicono subito perché l’hanno chiamato perché si tratta di una cosa pericolosa. Lui millanta di poter portare 200 uomini armati a Firenze per accreditarsi meglio e per convincere i cospiratori che lui era una persona di cui ci si poteva fidare e che poteva dare un contributo sostanzioso alla congiura”.
A Firenze resta sette mesi ospite di Francesco de’ Pazzi in una villa a Montughi. A muovere i fili di tutto però è Papa Sisto IV che voleva consegnare la signoria di Firenze al nipote Girolamo Riario. Con il pontefice si alleano le due potenze rivali dei Medici: il regno di Napoli e il Ducato di Urbino. Il 26 aprile Giuliano viene pugnalato a morte da Francesco de’ Pazzi, Lorenzo invece viene leggermente ferito da Maffei e si salva. “Queste due carte – prosegue lo storico – rappresentano la confessione autografa di colui che doveva ammazzare Lorenzo. Il giorno della congiura gli si avvicina e gli dice traditore prima colpirlo. Lorenzo fa in tempo a parare il colpo e si salva. Questo si sapeva. Quello che non sapevamo è che Maffei aveva scritto una confessione di suo pugno sotto minaccia evidente di tortura e poi di morte che avviene subito dopo la quale ci dice tutto quello che avviene prima. Ci racconta il suo arrivo a Firenze, la rivelazione degli obiettivi e poi tutta la fase della preparazione militare che coinvolgeva diverse potenze estere che avevano circondato la città. Federico da Montefeltro aveva organizzato per il suo “amico” Lorenzo questa bella festa per poi occupare militarmente Firenze. Cosa che poi non riuscì perché Lorenzo sopravvisse. Però nessuno sapeva che questo Antonio da Volterra era lì da molto tempo e fu chiamato il giorno prima da Francesco de’ Pazzi per ammazzare Lorenzo”.
La repressione del futuro Magnifico è spietata. Datosi alla fuga Maffei trova rifugio presso la Badia Fiorentina, tra Palazzo Pazzi e Palazzo Vecchio, dove fu arrestato il 3 maggio. All’arresto non seguì immediatamente il linciaggio come si era ritenuto fino a oggi. Fu invece sottoposto a un duro interrogatorio, con torture, e costretto a redigere la confessione riportata alla luce dopo oltre cinque secoli. “Stavo studiando delle carte inesplorate fino a oggi comprese in una filza del 1870 – conclude Simonetta – che non avevano niente a che fare con tutto ciò. In questo minestrone è saltata fuori questa perla. Non ci credevo all’inizio, poi mi sono reso conto che il documento ha due facce: la confessione vera e propria intera e poi un inizio di confessione, una “falsa partenza” che mi ha convinto della sua originalità perché un copista non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Doveva quindi essere per forza un originale anche perché ci sono elementi interni che solo l’uomo che ha partecipato al complotto avrebbe potuto scrivere”.