Nel mirino del blitz, coordinato dalla Procura, professionisti e imprenditori della zona fiorentino-empolese
Oltre 30 milioni di euro sequestrati derivanti dalla sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte e 47 misure cautelari nei confronti di consulenti fiscali e imprenditori nel settore tessile. E’ il risultato di una complessa operazione della Guardia di Finanza di Firenze, coordinata dalla procura, che ha preso il via questa mattina all’alba nell’area fiorentina ed empolese, per stroncare il cosiddetto fenomeno delle imprese «apri e chiudi». I reati ipotizzati sono associazione per delinquere, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, bancarotta fraudolenta e produzione documenti falsi ai fini del rinnovo dei permessi di soggiorno e favoreggiamento della regolarizzazione di soggetti presenti illegalmente sul territorio nazionale.
Le misure cautelari hanno riguardato 4 professionisti, 8 loro dipendenti e 35 imprenditori di nazionalità cinese operanti nel distretto del tessile/abbigliamento fiorentino empolese di cui: 33 agli arresti domiciliari, 1 obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e 13 obblighi di dimora. Le successive indagini svolte dai militari della Guardia di Finanza hanno confermato la presenza di tre diverse associazioni a delinquere finalizzate alla frode fiscale, con la preminente figura del professionista quale consigliere dell’imprenditoria sinica votata alla sistematica evasione delle imposte.
Veniva svelato, sostanzialmente, il ricorrente meccanismo fraudolento delle imprese “apri e chiudi”, attraverso il quale gli imprenditori di nazionalità cinese svolgevano l’attività di vendita e/o di produzione di capi di abbigliamento e calzature, avvalendosi di una o più società/ditte individuali- di breve durata- ad altri intestate ma da loro stessi gestite in via di fatto; quando le imprese maturavano consistenti debiti verso l’erario, venivano cessate dagli effettivi titolari, che proseguivano la propria attività imprenditoriale avviando nuove aziende – anch’esse intestate formalmente a un prestanome – negli stessi luoghi d’esercizio, con i medesimi dipendenti e i medesimi beni strumentali delle precedenti.
Tale sistema veniva perpetrato nel tempo attraverso due direttrici: apertura e chiusura di numerose imprese che si susseguivano l’una all’altra; avvio, sin dall’inizio, di più imprese operanti nel medesimo settore e riconducibili alla gestione di fatto dello stesso imprenditore. In tale contesto, mentre l’erario perdeva la possibilità concreta di far valere i propri crediti nei confronti delle “teste di legno”, spesso irreperibili o comunque nullatenenti, i reali imprenditori proseguivano la propria attività produttiva, evitando di sostenere i costi relativi alle imposte e massimizzando conseguentemente i profitti. La realizzazione del meccanismo fraudolento era resa· possibile grazie al fondamentale apporto tecnico di consulenti fiscali e/o del lavoro i quali, attratti dal ritorno economico derivante dall’elevatissimo numero di clienti di etnia cinese, garantivano una costante assistenza agli stessi nella piena consapevolezza dell’esposizione debitoria delle 2 imprese, suggerendo i percorsi da seguire per attuare la chiusura e l’apertura delle ditte e curando, a tal fine, la predisposizione dei necessari atti e/o documenti fiscali e le nuove fittizie assunzioni.