La mozione Rufilli chiede che la lingua fiorentina contemporanea abbia un suo posto all’interno del Museo nato a Santa Maria Novella. Cellai e Draghi: “Non ammissibile imporre termini stranieri quando la corrispondenza italiana è esaustiva”
Valorizzare la lingua fiorentina contemporanea all’interno del Museo della lingua italiana a Firenze nato dagli spazi della caserma Mameli a Santa Maria Novella. Lo chiede una mozione del Pd firmata da Mirco Rufilli, Nicola Armentano, Letizia Perini, Fabio Giorgetti, Renzo Pampaloni, Donata Bianchi, Francesco Pastorelli e Stefano Di Puccio oltre a Luca Santarelli (neo capogruppo della Lista Nardella dopo l’approdo di Mimma Dardano a Italia Viva) che ha avuto via libera nell’ultima seduta del Consiglio Comunale. “Il progetto del vocabolario Fiorentino contemporaneo – prosegue il consigliere Rufilli che è anche consigliere speciale per la valorizzazione della fiorentinità – è un progetto portato avanti anche dall’Accademia della Crusca che promuove proprio nel suo portale una sezione che raccoglie 7000 lemmi fiorentini. È una cultura importante per la nostra città che va valorizzata e tutelata, Una lingua che ha influenzato tutto il panorama nazionale. La lingua fiorentina, che non è un dialetto, ha unificato l’Italia ed ha dato un grande contributo per poter parlare tra le varie regioni che erano ancora legate ai propri dialetti”. La mozione chiede al Sindaco di farsi portavoce presso il Ministero dei beni culturali e del Comitato scientifico, per inserire all’interno del Museo della lingua Italiana una parte dedicata alla valorizzazione del Fiorentino contemporaneo potendo fare riferimento anche alla ricerca effettuata, sostenuta e promossa dall’Accademia della Crusca intitolata “Vocabolario del fiorentino contemporaneo”.
Ancora la lingua, ma stavolta italiana, è al centro del documento di Fratelli d’Italia approvato sempre nell’ultima riunione dell’assemblea civica fiorentina che invita sindaco e giunta comunale a prediligere l’utilizzo della lingua italiana negli atti ufficiali del Comune. “E’ necessaria come in Francia – spiegano Alessandro Draghi e Jacopo Cellai – una legislazione che tuteli il nostro patrimonio idiomatico sul piano economico, sociale culturale e professionale. Non è più ammissibile che si impongano termini stranieri la cui corrispondenza italiana esiste ed è pienamente esaustiva”. Nell’atto si richiama la mozione parlamentare con cui il Governo si impegnava “ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a tutelare e valorizzare la lingua italiana, quale grande patrimonio nazionale e a garantirne e promuoverne l’utilizzo pieno e corretto a partire dalle istituzioni pubbliche, nazionali e locali”.