Grazie al dono dei Friends of the Uffizi Gallery torna per così dire a casa. L’opera, che sarà esposta nella Sala della Niobe, fu realizzata dal frate nel convento della Santissima Annunziata ed è di grande valore per via del soggetto non comune per l’epoca
Il Conte Ugolino dipinto da Frà Arsenio Mascagni nel primo Seicento entra a far parte delle Collezioni degli Uffizi grazie al dono ricevuto dai Friends of the Uffizi Gallery, il ramo americano degli Amici degli Uffizi. L’opera, di grandi dimensioni e di notevole impatto, verrà esposta, in via temporanea, nella sala della Niobe al secondo piano della Galleria delle Statue e delle Pitture, dove rimarrà fino alla fine dell’anno dantesco. “Proprio nell’anno di Dante – commenta -, il Museo si arricchisce di un’opera rara e sofisticata, in passato esposta al pubblico solo in occasione della grande mostra sul Seicento fiorentino a Palazzo Strozzi, nel 1986. È una testimonianza precoce della fortuna della Divina Commedia nella cultura figurativa monumentale: prima di questo dipinto, soltanto Pierino da Vinci si era cimentato proprio nella scena del Conte Ugolino, un soggetto che solo dalla fine del Settecento sarà spesso frequentato”.
Il dipinto si lega a uno degli episodi più celebri della Divina Commedia, descritto nel XXXIII canto dell’Inferno. Ne è protagonista il conte Ugolino Della Gherardesca, colpevole di tradimento della patria: peccato massimamente infame nella visione di Dante, che per questo lo precipita nel nono cerchio, il più profondo e vicino a Lucifero. Nella realtà storica il nobile pisano venne rinchiuso insieme a due figli e due nipoti nella Torre Muda a Pisa e lì condannato a morire di fame. Il Poeta narra la vicenda concludendola con il celebre verso “Poscia, più che ‘l dolor, poté ‘l digiuno”, ricordando come Ugolino per disperazione si fosse cibato della carne dei congiunti. Una parte della storia efferata e cruenta che l’artista ha evitato, preferendo il momento non meno drammatico delle ultime fasi della loro lenta agonia. Nel dipinto infatti viene rappresentata la scena che precede il tragico epilogo.
L’attribuzione della tela al pittore si deve a Mina Gregori, pioniera degli studi sul Seicento fiorentino: grazie all’inconfondibile soggetto, in testi dell’epoca la studiosa ha rintracciato l’ubicazione originaria del dipinto nella Spezieria del Convento Servita della Santissima Annunziata di Firenze, dove è rimasto fino alla seconda metà dell’Ottocento. “È stato grazie all’associazione no-profit a noi affiliata Friends of the Uffizi Gallery – aggiunge Maria Vittoria Rimbotti, presidente degli Amici degli Uffizi – che siamo riusciti ad acquistarla e a donarla agli Uffizi. Quest’opera, fa parte di Firenze ed è giusto che ai fiorentini sia tornata”. Fra’ Arsenio, al secolo Donato Mascagni, entrò nella comunità eremitica dei Servi di Maria di Montesenario nel 1605: dal 1608 al 1614 fu interno nel convento fiorentino della Santissima Annunziata, dove realizzò il dipinto. Il valore dell’opera è dato anche dalla rarità del soggetto per l’epoca. Dal Medioevo infatti si conosce un numero cospicuo di illustrazioni della Divina Commedia su carta, mentre fino all’Ottocento le rappresentazioni in pittura o scultura di episodi danteschi costituiscono una rarità.