Tantissime le iniziative per il Dante Dì, fra cui la mostra di Corrado Veneziano alla Biblioteca Nazionale impreziosita dall’abito realizzato da Regina Schrecker e dedicato a Francesca Da Rimini. Nardella: “Il Sommo Poeta simbolo universale della nostra città”. Guerritore: “Il teatro deve essere dentro le città”
L’abete di Penone alto oltre 22 metri al centro di piazza Signoria, il restauro del Cenotafio all’interno della Basilica di Santa Croce con letture della Commedia affidate a Monica Guerritore e una originalissima mostra di Corrado Veneziano alla Biblioteca Nazionale, ISBN Dante, impreziosita dall’esclusivo abito realizzato dalla stilista internazionale ma fiorentina d’adozione Regina Schrecker e dedicato a una delle figure femminili più note del poema, Francesca da Rimini. Ma il significato più autentico e forse in qualche modo anche più dantesco della giornata dedicata al Sommo Poeta, che coincideva anche con il Capodanno Fiorentino, è probabilmente tutto racchiuso in una battuta graffiante in puro stile fiorentino di un anziano che arrivato fin sotto l’installazione di Penone alla domanda su quale fosse il rapporto tra l’Abete e Dante sagacemente ha risposto: “E son morti tutti e due!”.
Scherzi e ironia a parte, l’importanza della giornata l’ha sottolineata il governatore toscano Eugenio Giani: Abbiamo in Dante – ha detto – un riferimento della vita culturale di Firenze di 700 anni fa, ma anche una guida per il senso stesso di identità dell’Italia. Come Regione abbiamo voluto intitolare con “o tosco” la serie di celebrazioni perché Dante nella Divina Commedia, per il fatto che Firenze lo aveva esiliato, si dichiara toscano e si fa chiamare così da Farinata degli Uberti”. Impossibile ricordare tutti i diversi eventi che fino alla fine dell’anno celebreranno i 700esimo anniversario della morte del poeta: sui social principalmente ma anche in presenza, dove le condizioni di sicurezza a causa del Coronavirus lo consentono (qui le iniziative organizzate fino a questo momento: https://www.regione.toscana.it/-/700-anni-dalla-morte-di-dante).
Pensare che le spoglie di Dante possano rientrare finalmente a Firenze da Ravenna, dove riposano, però è soltanto velleità per il sindaco di Firenze Dario Nardella: “Ciò che conta – ha detto – è che il simbolo universale di Dante sia ovunque associato alla nostra città. Questo noi celebriamo oggi, quindi nessuna rivendicazione delle spoglie ma anzi un grande atto d’amore verso il poeta attraverso queste iniziative: nonostante le restrizioni del Covid abbiamo messo in campo una quantità di progetti bellissimi e soprattutto abbiamo coinvolto giovani, scuole, teatri. In queste ore in questi quasi tutte le scuole fiorentine si sta leggendo Dante, nei luoghi della città così come qui a Santa Croce dove c’è un cenotafio bellissimo realizzato da uno dei più grandi scultori dell’epoca Ricci secondo solo al grande Canova. Un vero e proprio monumento che lega per sempre Dante a Firenze. E’ un giorno comunque di speranza. Il messaggio di Dante nella Commedia che nel primo canto dell’Inferno si trova di fronte a questa selva oscura che deve attraversare, è un messaggio attualissimo che vale oggi per ciascuno di noi perché questa emergenza del Covid è per noi ciò che la selva oscura è stata per lui. Come per Dante anche per noi l’obiettivo sarà quello di uscire a rivedere le stelle, tutti insieme potendo guardare con fiducia al futuro”.
Il restauro del cenotafio di Dante, opera del 1830 dello scultore Stefano Ricci rappresenta il simbolo di riconciliazione di Firenze con il poeta mandato in esilio. Un esilio che forse è anche quello del teatro, degli attori, delle maestranze che lavorano alla messa in scena degli spettacoli, come ha sottolineato Monica Guerritore che ha recitato alcune terzine del XXIV Canto del Purgatorio. “Io sono qui oggi nel mio piccolo solo come rappresentante di quel mondo. Il teatro è fermo. Non chiedetemi quando riaprirà perché siamo come tutti i lavoratori, aspetteremo che sia in sicurezza, ma domandatemi come riaprirà. Si deve riaprire in maniera completamente diversa da come era prima perché la pandemia ha fatto emergere la morte a cui si stava avviando il teatro. Il teatro deve essere dentro la società. In tutti i luoghi storici, anche in quelli disagiati, su tutto il territorio nazionale deve arrivare una compagnia teatrale Nell’epoca della digitalizzazione bisogna ridare cuore e animo al teatro, ai cittadini, altrimenti ci si atrofizza”.