Con una operazione discutibile si fagocita il passato illustre della città e se ne stravolge l’equilibrio architettonico e la funzione sociale
Bene, dimentichiamoci La Pira, che aveva a cuore l’assetto urbano di questa città, dimentichiamo Firenze come l’abbiamo conosciuta e vissuta finora e dimentichiamo la quiete delle passeggiate in Costa San Giorgio e prepariamoci a sostituire il pronome possessivo “nostro” con “loro”. Com’ è noto, la caserma Vittorio Veneto, ex Scuola di sanità militare, antico monastero medioevale di San Giorgio alla Costa, non appartiene più a Firenze, né allo stato, ma alla famiglia Lowenstein che l’ha comprato a prezzo di ribasso. Acquisto legittimo, come ha sottolineato Tomaso Montanari (“Come svendere Firenze ‘la ben guidata’”), ma assente e colpevole l’azione di tutela del patrimonio storico architettonico di Comune e Soprintendenza asserviti alla mercificazione della città.
Come la mancata azione di prelazione da parte del Comune aveva portato allo stato di abbandono l’importante Palazzo cinquecentesco dei Serristori (oggi recuperato da privati e di incerta destinazione d’uso), così l’enorme complesso di Costa de’ Magnoli, dopo aver subito almeno vent’anni d’incuria, sarà riadattato a resort di lusso, invadendo la collina di Boboli con un ascensore a cremagliera per gli abbienti ospiti che potranno risparmiarsi la fatica di camminare fino all’Hotel. Dunque si altera il paesaggio di un giardino storico pubblico per un uso privato. Inoltre le caratteristiche Via San Leonardo e Costa San Giorgio, cui gli artisti macchiaioli e lo stesso Ottone Rosai hanno dedicato memorabili dipinti, diventeranno le uniche vie di accesso al futuro cantiere che, tra l’altro sventrerà il sottosuolo per farvi parcheggio (mille metri quadri) e altri servizi.
L’ associazione Idra, che ha indetto una conferenza stampa giorni fa, ha rilevato anche l’aspetto critico della mobilità: “si parla di una cinquantina di vetture parcheggiate all’interno del complesso alberghiero, delle necessarie consegne delle forniture (biancheria, cibo, bevande, prodotti per le pulizie) e, pur nell’ipotesi di un’occupazione media del 50% dei posti letto, di circa 150 ospiti. Come ci arriveranno lassù? Si possono immaginare dai 500 ai 1.000 spostamenti giornalieri. Nell’attuale assetto viario non ci sono alternative a Costa San Giorgio, Costa Scarpuccia, Via dei Bastioni, Via San Leonardo. La rete stradale locale può sopportarlo?”.
Come ha affermato ancora Montanari, “C’è qualcosa di insopportabile in questa idea che prendere un monumento e trasformarlo in un hotel esclusivo a mille stelle sia ‘valorizzazione’. C’è qualcosa di degradante nel marketing per cui la storia della città diventa un’esperienza spray, tra una spa e un drink.”, e infatti è abbastanza irritante l’ipocrisia con cui si camuffa questa mera operazione immobiliare che non solo fagocita il passato illustre della città, ma ne stravolge l’equilibrio architettonico e la funzione sociale.
L’ aspetto della nostra città non è, ovviamente, immutabile, ma ciò che si inserisce nel paesaggio urbano, anche se di progettualità contemporanea, deve rispettarne l’identità e l’equilibrio. Dopo la lunga astinenza dalla cultura del progetto, che ha caratterizzato il nostro Paese per decenni, comportando il decadimento dei paesaggi costruiti e l’emarginazione dalla cultura architettonica internazionale, occorre riprendere il filo di un discorso interrotto, perché il grande patrimonio di storia, arte e natura del nostro Paese, anziché rappresentare un ingombrante fardello, o una facile preda di speculazioni, costituisca una ricchezza e uno stimolo per l’evoluzione del pensiero architettonico come segno distintivo dell’architettura italiana nel mondo.