E’ il protagonista della mostra aperta da oggi nel convento di Bosco ai Frati a San Piero a Sieve. La pala d’altare con le storie di Lazzaro, Marta e Maria era stata commissionata dal vescovo Francesco Coppini
Un grande capolavoro del Rinascimento torna, dopo quasi duecento anni, dagli Uffizi al monastero che per secoli lo aveva custodito. È il Trittico raffigurante le Storie di Lazzaro, Marta e Maria, realizzato dal pittore francese del Quattrocento Nicolas Froment: rimosso dal convento di Bosco ai Frati (San Piero a Sieve) con le soppressioni napoleoniche, nel 1841 fu portato alla Galleria delle Statue e delle Pitture. Ora, nell’ambito di Terre degli Uffizi, il programma espositivo di Gallerie degli Uffizi e Fondazione CR Firenze è il protagonista della mostra che da oggi e fino al 6 novembre prossimo sarà possibile visitare nel luogo di culto che per tanto tempo era stato la sua ‘casa’.
“Il trittico con la Resurrezione di Lazzaro – spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt – è stato esso stesso oggetto di una resurrezione, per così dire, grazie al restauro di alcuni anni fa generosamente finanziato dagli Amici degli Uffizi. Subito dopo una mostra agli Uffizi che ne documentava il recupero, per via dei lavori in corso al museo e in attesa del suo nuovo allestimento il dipinto era tornato nei depositi. La mostra ora a Bosco ai Frati è un’opportunità per molti di ammirare per la prima volta l’opera restaurata, poi brevemente esposta e non ancora inserita nel percorso del museo fiorentino”.
La pala d’altare è datata 1461 e firmata sugli sportelli da Nicolas Froment, artista la cui attività è documentata tra la Francia settentrionale e la Provenza dal 1461 al 1483. Il Trittico era stato commissionato dal vescovo Francesco Coppini (Prato 1402 – Roma 1464) nel corso delle sue missioni diplomatiche all’estero: il committente, identificato dallo stemma, è raffigurato in preghiera davanti alla Vergine, sulla parte posteriore di una delle ante. Al centro è raffigurato Gesù che resuscita Lazzaro pronunciando le parole “Lazare veni foras”, scritte in caratteri d’oro. Influenzato dalla pittura fiamminga, Nicolas Froment tende a caratterizzare le fisionomie, che assumono quasi l’aspetto di caricature. La meticolosa rappresentazione delle vesti, degli oggetti, di dettagli curiosi come quello della mosca sulla tavola apparecchiata, trasformano il racconto sacro in una continua fonte di meraviglie; i paesaggi sullo sfondo evocano il mondo fiabesco delle corti nordeuropee del XV secolo.
“E’ importante per noi ospitare questa mostra sul territorio perché ci ricorda che ci è possibile fruire del bello ed è una cosa che possiamo fare solo quando si vive in pace e in democrazia e visti i contesti vicini a noi non è scontato – aggiunge il sindaco di Scarperia e San Piero Federico Ignesti. Tornare in un luogo come il Convento di San Bonaventura a Bosco ai Frati, dove hanno operato i Francescani, ci offre anche l’opportunità per un momento di riflessione generale che da questa importante mostra della Galleria degli Uffizi, fatta a pochi giorni dalla strage dei Georgofili, debba comunicare i nostri costumi, il modo di vivere, la democrazia e il bello riconoscendo i valori e i diritti della comunità civile”.
Nell’estate dell’anno stesso in cui l’opera fu realizzata, Coppini fu richiamato a Roma dal Papa, con l’accusa di reati politici e simonia. Condannato, venne privato dei suoi titoli e i suoi beni confiscati. Il dipinto entrò così in possesso della famiglia Medici e fu poi donato ai frati francescani di Bosco ai Frati, dove rimase fino alla soppressione del convento, in epoca napoleonica. Agli Uffizi arrivò nel 1841. Il Trittico era storicamente collocato nella chiesa del convento, dove fino agli inizi del XIX secolo si trovava anche il Crocifisso ligneo di ambito donatelliano, ora esposto nella stessa sala dove è allestita la mostra. La mostra è organizzata dall’Unione Montana dei Comuni del Mugello in collaborazione con il Comune di Scarperia/San Piero a Sieve e con lo stesso Convento di Bosco ai Frati.
“È la quarta tappa di questo affascinante percorso alla scoperta o riscoperta di tesori meno noti del nostro territorio – conclude il presidente della Fondazione CR Firenze Luigi Salvadori -. Nella sua storia millenaria questo convento ha visto passare ben cinque papi e, tra queste mura, Donatello e l’Angelico vi hanno creato alcuni dei loro capolavori. Il ritorno della pala d’altare riaccende i riflettori su questo gioiello nascosto che, grazie a ‘Terre degli Uffizi’, siamo certi affascinerà e sorprenderà coloro che visiteranno questa oasi di silenzio, di preghiera, di stupefacente bellezza’”.
Tutte le foto del presente articolo sono di Cristina Andolcetti