Dopo l’attacco di Bonomi, le tute blu chiedono quale sia la posizione dell’associazione a livello locale. E Todde ribatte a muso duro: “La bozza di decreto anti delocalizzazioni non è punitiva per le imprese”
Blitz dei lavoratori Gkn questa mattina nella sede di Confindustria Firenze. Un’iniziativa clamorosa per chiedere quale sia la l’attuale posizione dell’associazione e del presidente Maurizio Bigazzi dopo le dure dichiarazioni del presidente nazionale Carlo Bonomi sulla vertenza che impegna dal 9 luglio scorso le maestranze dello stabilimento di Campi Bisenzio e sulla bozza di decreto legge anti delocalizzazioni definito dal numero uno dell’organizzazione degli industriali punitivo per le aziende. E così di buon mattino una folta delegazione di operai si è presentata in via Valfonda davanti ai cancelli della sede fiorentina dell’organismo che raccoglie le imprese italiane in una sorta di “gioco alla pari” chiedendo a Confindustria Firenze di metterci la faccia spiegando ai lavoratori l’attuale punto di vista sulla questione GKN e soprattutto sulla bozza del decreto anti delocalizzazioni.
Confindustria Firenze, all’indomani del 9 luglio si era espressa così: “Preso atto della procedura di licenziamento collettivo aperta in totale autonomia da Gkn Driveline – di cui non aveva avuto alcuna informazione e dalle cui modalità prende le distanze – garantisce il proprio impegno a fare tutto il possibile e in tutte le sedi opportune, per giungere ad una soluzione che tenga conto degli interessi di tutti i soggetti coinvolti, comprese le aziende dell’indotto, nel pieno rispetto dell’impegno sottoscritto, lo scorso 29 giugno, con la firma dell’avviso comune con il Governo e i sindacati”.
I lavoratori Gkn hanno poi raggiunto la stazione di Santa Maria Novella dove hanno inscenato un piccolo corteo. “In un mondo – spiega in un post su Facebook il Collettivo di Fabbrica – ove il presidente di Confindustria ritiene ‘punitiva’ una legge che debolmente prova a imporre semplicemente un po’ di preavviso a chi ci toglie il pane da tavola, chiudendo stabilimenti funzionanti, sottraendo posti di lavoro al territorio, bruciando competenze e professionalità, noi pretendiamo almeno di giocare alla pari. Quindi anche noi, così, di botto, senza preavviso. Prima siamo stati a chiedere udienza a Confindustria (tutti in ferie, pare). E poi in giro per la nostra città. Una città la cui dignità non è delocalizzabile. Lo scorso 9 luglio i lavoratori dello stabilimento di Capalle, come un fulmine a ciel sereno, via mail sono stati informati dalla proprietà – il fondo finanziario inglese Melrose – della decisione di chiudere lo stabilimento e licenziare tutti. E da allora le tute blu sono in presidio permanente”.
Bonomi si era poi preso la durissima reprimenda del viceministro dello sviluppo economico Alessandra Todde che aveva ribattuto a muso duro: “Non sono d’accordo, il decreto su cui sto lavorando insieme al ministro Orlando non è punitivo per le imprese e non vuole scoraggiare in alcun modo l’attrazione degli investimenti. L’intento del provvedimento – che è ancora una bozza – è delineare un percorso di responsabilità sociale che tutte le imprese citano nel loro codice etico per aziende che non sono in crisi e decidono di chiudere dopo aver ricevuto soldi pubblici. Tale percorso ha l’obiettivo in un tempo determinato, cioè 6 mesi, di capire insieme alle parti se esistono soluzioni per i lavoratori e per l’attività di impresa. Come ho già anticipato, sono pronta al confronto con le imprese e con le parti sociali in merito al percorso. Se un’azienda utilizza denaro privato, chi glielo ha prestato si aspetta che questo venga restituito con degli interessi. La domanda che pongo quindi è la seguente: perché alle aziende che prendono soldi pubblici, soldi dei cittadini, non si può chiedere che questo denaro pubblico venga utilizzato per creare valore per lavoratori e territorio?”