Si dice che i classici vivano senza tempo e Il Giardino dei ciliegi è un grande classico. Dopo l’esperienza con il Teatro nazionale di Cluj-Napoca, in Romania, Roberto Bacci torna a dirigere il capolavoro di Anton Čechov con un gruppo di giovani attrici e attori del Teatro della Toscana, che produce lo spettacolo, in prima nazionale al Teatro della Pergola, Saloncino ‘Paolo Poli’, dal 23 al 28 maggio, nell’adattamento drammaturgico di Stefano Geraci.
La macchina semplicissima del racconto ci mostra un mondo che scompare, una generazione e un’economia che avanzano travolgendo tutto. Il giardino che viene reciso e travolto da quel “progresso” inesorabile diventa una riflessione necessaria sull’essere presenti o, meglio, sul senso dell’eredità che lasciamo. «Čechov voleva che il suo Giardino – scrive Bacci nelle note di regia – fosse una commedia divertente, che riflettesse un testo di per sé drammatico, e questa sensazione di dover essere leggeri, ma anche consapevoli di che cosa nascondesse questa leggerezza, è stata alla base di un apprendimento per noi importante.»
Rappresentato per la prima volta nel 1904 al Teatro d’Arte di Mosca sotto la direzione di Stanislavskij e di Nemirovič-Dančenko, Il Giardino dei ciliegi è l’ultimo lavoro di un Anton Čechov malato e vicino alla morte, eppure, mai così attaccato alla vita, intesa come respiro, anima del mondo e speranza nel futuro. Maddalena Amorini, Davide Arena, Maria Casamonti, Davide Diamanti, Ghennadi Gidari, Annalisa Limardi, Alberto Macherelli Bianchini, Claudia Ludovica Marino, Luca Pedron, Marco Santi, Nadia Saragoni, Sebastiano Spada, Emanuele Taddei, si muovono in uno spazio non tradizionale pieno di petali bianchi, immaginato dallo stesso Bacci cercando di proporre allo spettatore una percezione che circondi da tre lati l’azione, senza prevedere entrate e uscite dalle quinte. Così, mentre il tema della vicenda principale prende vita, i personaggi che momentaneamente non vi sono impegnati restano comunque presenti. La sera del debutto, il 23 maggio, per immergersi appieno nell’allestimento di questo Giardino, verrà chiesto al pubblico di vestirsi di bianco o di indossare almeno un elemento di colore bianco.
Alle attrici e agli attori, come partner dei loro personaggi, sono stati proposti i costumi di Elena Bianchini, realizzati dal Laboratorio d’Arte del Teatro della Pergola, tali che contenessero non soltanto l’immagine del personaggio, ma costituissero anche l’architettura viva di tutta la scena. Un ulteriore lavoro, accudito dalla maestra di canto Francesca della Monica, è stato quello dell’inserimento di canti di origine russa, ucraina e georgiana, accompagnati da una musica dal vivo, in modo che “aprissero” emozionalmente alcune scene o sottolineassero alcuni passaggi drammaturgici.
La trama narra dell’aristocratica Ljuba che torna a casa, dopo un periodo trascorso all’estero, per rimettersi dalle sciagure che le hanno tolto il marito e il figlio; la sua proprietà è in pericolo a causa della sua maldestra amministrazione, ma lei non se ne rende conto. Con lei torna anche la figlia Anja, per la quale spasima lo studente Trofimov; a casa era rimasta invece Varja, figlia adottiva con la testa sulle spalle, conscia dei pericoli che incombono sulla casa, e che tutti danno per fidanzata con il mercante Lopachin, nonostante lui non si sia mai proposto. Questi, milionario, consiglia di costruire, nel giardino dei ciliegi, villini per i villeggianti, ma Ljuba e suo fratello Gajev non capiscono che il fallimento è alle porte, che presto ci sarà un’asta: Ljuba continua, al contrario, a sprecare soldi. Tutti vanno incoscienti incontro alla deriva, salvo Lopachin, che continua ad avvertirli, e Trofimov, idealista, che crede in un futuro migliore e ne parla con accenti profetici.
«Il teatro si impara a farlo sulla scena – scrive Bacci nelle note di regia – e, più l’impresa è rischiosa, più la qualità dei giovani attori è richiamata a crescere. Čechov è forse l’autore più adatto a verificare questa crescita, per la complessità dell’opera, la qualità dei personaggi a cui dare vita e anche per i temi che affronta, temi che ci hanno fatto riflettere durante il periodo delle prove e che proporremo alla sensibilità degli spettatori, temi che mettono in luce criticamente il funzionamento della macchina umana».
Le foto che accompagnano l’articolo sono di Filippo Manzini e Roberto Palermo