Per la prima volta dal 2002 i ragazzi non partiranno da Santa Maria Novella alla volta di Auschwitz. Lezioni e incontri, ma a distanza, saranno distribuiti dal 28 agosto al 16 dicembre
Il Treno della memoria il prossimo anno, a gennaio, non ci sarà: troppo complicato adesso organizzare un convoglio lungo sedici carrozze con cinquecento studenti degli ultimi due anni di scuola superiore a bordo in partenza dalla stazione di Santa Maria Novella a Firenze e diretto ad Auschwitz, senza sapere se l’emergenza sanitaria da qui a sei mesi sarà rientrata: senza conoscere quale sarà la situazione in Polonia oltre che in Italia, e quali misure saranno imposte per ridurre il rischio di contagio da coronavirus.
E così, a malincuore, il Treno che parte ogni due anni, questa volta sarà costretto a prendersi una pausa. Ma la Memoria invece no, non si fermerà: e neppure l’idea di compiere comunque un viaggio seppure virtuale. E ci sarà anche la classica “Summer School” con gli insegnanti, per preparare le iniziative in classe: solo che le lezioni e gli incontri non si svolgeranno in presenza ma a distanza e non saranno concentrate nell’ultima settimana di agosto, come di solito accade, ma distribuite in un arco di tempo molto più ampio, dal 28 agosto al 16 dicembre. Nove lezioni e otto dialoghi sempre on line ma fruibili da tutti, studenti compresi.
“Organizzando ogni anno il viaggio con i ragazzi o l’incontro con i testimoni a Firenze – spiega la vice presidente della Regione Monica Barni – ci siamo sempre posti tre obiettivi: l’educazione, la conoscenza e la costruzione dello spirito critico nei ragazzi che saranno cittadini domani. Anzi, già lo sono. Si tratta di tre ingredienti fondamentali per combattere l’indifferenza, che è il più grande forse dei mali a cui le iniziative che abbiamo organizzato vogliono essere invece una risposta. E così sarà anche quest’anno, anche se fisicamente il treno non partirà e non ci potremo ritrovare tutti insieme. L’impegno per una memoria attiva e partecipata però rimane”.
Aggiunge Ugo Caffaz, ideatore e anima da tanti anni del Treno della memoria toscano: “Non abbiamo mai voluto celebrare la memoria in modo sterile, bensì lavorato affinché i ragazzi attraverso i loro insegnanti arrivassero ad Auschwitz consapevoli di quello che andavano a vedere e potessero con i loro occhi essere testimoni dell’orrore che si è consumato in quei luoghi. I meccanismi che fanno nascere i razzismi e li mantengono sono sempre gli stessi, ieri come oggi. Antidoti non ce ne sono. Ci sono vaccini: le iniziative con i ragazzi sono uno di questi. Ma i vaccini hanno bisogno per l’appunto di richiami continui”.