L’articolo che segue è stato scritto nell’autunno 2018 in occasione dei restauri annuali ordinari dell’Opera del Duomo, ben prima dunque che scoppiasse l’emergenza Coronavirus. Valentina Roselli ci prende per mano e ci accompagna in un viaggio emozionante alla scoperta del restyling esterno della Cupola di Santa Maria del Fiore, capolavoro indiscusso del genio fiorentino
Vivere in diretta la manutenzione esterna di una delle opera più famose al mondo è una fortuna che sorride a pochi. Ne siamo consapevoli mentre, dopo una veloce imbracatura, siamo sulla piattaforma elevatrice che ci porterà fino alla Cupola del Brunelleschi. La nostra guida è Andrea, scalpellino dell’Opera di Santa Maria del Fiore, entrato in squadra nel 1991. Suo nonno era uno scalpellino, suo padre anche e infine è arrivato lui , perché questo lavoro lo fai se ce l’hai nel Dna. Alcuni suoi colleghi hanno frequentato l’Istituto d’Arte e altri come lui provengono dalle botteghe artigiane, seguendo una tradizione di famiglia.
La piattaforma arriva sino a 90 metri, oltre questa altezza il lavoro viene svolto con calate su corda, ma per il momento ci siamo fermati a circa una cinquantina di metri dal suolo. Il vento freddo che arriva da nord si fa sentire e il viaggio può essere problematico. I passanti nella piazza sono diventati minuscoli e la grande finestra circolare della navata superiore è alla nostra all’altezza.
Il monitoraggio della cattedrale avviene all’inizio e alla fine dell’inverno. Durante i controlli si verificano la tenuta del marmo e i danni inferti a quest’ultimo da inquinamento, agenti atmosferici e deiezioni.
Beatrice Agostini responsabile dei restauri spiegherà poi quali sono le tecniche di intervento: “Sono diversificati a seconda del danno. Si alternano puliture con impacchi, ablazione laser, pulitura con solventi, resine a scambio ionico. Ogni degrado e materiale si individua la tecnica migliore dopo prove di pulitura per eliminare il danno e rispettare il materiale sottostante. Inoltre vengono eseguiti consolidamenti, stuccature e altro”.
La provenienza dei marmi usati per sostituzione varia a seconda del loro colore: il bianco da Carrara, il rosso dalla Maremma, Monsummano e dal Veneto. Ai nostri giorni il marmo il verde viene recuperato sulle dolomiti, originariamente proveniva da Prato. Durante la manutenzione vengono sostituite anche le famose tegole rosse che svettano sulla sommità della cupola, ma devono vantare almeno 15 anni di invecchiamento.
Mentre parliamo una folata di vento fa volare gli strumenti sul pavimento del carrello, troppo vento, si torna giù. La visita prosegue nella Bottega di restauro, in via dello Studio, dove vengono lavorate le statue che sostituiranno quelle usurate con strumenti forgiati nel camino antico ottocentesco sulla falsariga di quelli impiegati due secoli fa. Della Bottega colpisce infatti l’aspetto antico, l’atmosfera di altri tempi, maestri e garzoni e nell’aria polvere di marmo. Ogni scalpellino ha il suo stile, come fosse una scrittura e dai colpi inferti al marmo si risale all’autore anche se questo vuole rimanere anonimo. Marcello Del Colle, responsabile della Bottega ritiene che il periodo peggiore per i danni subiti, sia stato il ventennio degli anni 60-70 del Novecento, quando il riscaldamento funzionava ancora con stufe a legna, il carbone rilasciava polvere nera nell’aria e le auto viaggiavano senza limitazioni. Dagli anni 80 in poi, con le nuove norme, c’è stato un notevole miglioramento.
L’incontro ravvicinato con il complesso di Santa Maria del Fiore è terminato e anche guardandolo dal basso verso l’alto, viene da pensare che il suo incanto è come la bellezza di una donna che deve essere mantenuta costantemente senza forzature né dimenticanze. Nessuna chirurgia invasiva ma continui interventi di dolce “remise en forme”. Un’operazione delicata che la squadra dell’Opera del Duomo conduce con indiscussa professionalità e grande sensibilità. Ogni capolavoro, in fondo, nasce dall’anima di un popolo.