Il presidente dell’Ordine di Firenze Dattolo: “Gli ambulatori del centro storico sono sempre più sguarniti, i colleghi che vanno in pensione non vengono sostituiti”
“Gli ambulatori del centro storico di Firenze sono sempre più sguarniti. I professionisti che vanno in pensione non sono sostituiti anche perché spesso i colleghi si trovano alle prese con edifici vecchi, da ristrutturare, scomodi, senza parcheggio. E perché costretti a dotarsi di permesso per la Ztl. Un problema professionale che si riflette su quello più generale dello svuotamento del centro da parte dei residenti, proprio a causa della mancanza di servizi”. A dirlo è Pietro Dattolo, presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze, illustrando il manifesto con le richieste ai candidati sindaco in vista delle elezioni dell’8-9 giugno.
Ecco gli altri sei punti del manifesto che i medici fiorentini chiedono di firmare ai candidati sindaco.
Case della salute e sanità territoriale. La priorità assoluta è la presa in carico della cronicità. L’epidemiologia sta cambiando, sono sempre di più le persone anziane e malate. I modelli assistenziali devono, perciò, a loro volta cambiare. L’ospedale deve occuparsi delle patologie acute mentre bisogna evitare che le patologie croniche si riacutizzino e finiscano in ospedale. Per fare questo è necessario che la sanità territoriale sviluppi nuovi modelli organizzativi che devono presupporre un contatto diretto tra medici di famiglia, infermieri e medici ospedalieri, contatto che deve avvenire nelle case di comunità. Tali strutture devono prevedere la presenza dei medici di famiglia e medici ospedalieri grazie a convenzioni che devono essere stipulate con le Asl. Così da garantire una presenza dei professionisti ma senza sguarnire il territorio.
Potenziamento degli organici. E’ vero che l’amministrazione comunale non ha competenze in materia di sanità ma può dire a Regione, Asl e Governo di organizzarsi per rafforzare gli organici dei medici e garantire così il diritto alla salute dei fiorentini. Il Comune può sollecitare adeguate risorse per la sanità territoriale.
Affrontare la carenza dei medici specialisti. Mancano specialisti medici, a causa di una programmazione ministeriale sbagliata, e soprattutto gli specialisti dell’emergenza-urgenza. Gli specialisti in servizio se ne vanno perché pagati poco e costretti a lavorare in condizioni molto difficili e con orari insostenibili che non lasciano spazio alla vita privata. Nel frattempo, i concorsi per reclutare specialisti devono essere fatti su base volontaria e su incentivazione, per tutto il resto esiste lo strumento contrattuale della mobilità d’urgenza. Bisogna rendere definitivi gli accordi che prevedono gli ospedali di formazione che affiancheranno l’Università nella formazione professionale.
Aggressioni al personale medico-infermieristico. Il Comune può chiedere alle Asl di applicare la legge garantendo la presenza di posti di polizia nei presidi sanitari. Serve un’opera di sensibilizzazione tra la cittadinanza educando al rispetto degli operatori sanitari. I luoghi di lavoro devono essere sicuri con controlli e illuminazione. E’ necessario promuovere un sentiment positivo nei confronti degli operatori sanitari che dovrebbero essere visti come professionisti quotidianamente impegnati a far funzionare al meglio un servizio fondamentale per la comunità.
Salvare il servizio sanitario nazionale. E’ giunto il momento, come in Francia e in Spagna, che i cittadini si alleino con le professioni sanitarie per salvare il servizio sanitario nazionale, è una questione di civiltà. Dobbiamo sensibilizzare le persone a difesa del sistema sanitario nazionale, che è la cosa più preziosa che abbiamo e dobbiamo tenercelo stretto. I tagli colpiscono i professionisti quanto i cittadini: ci sono sempre meno medici nei Pronto Soccorso, e per sostenere il servizio vengono sostituiti dai medici di reparti già in sofferenza.
Servono investimenti in sanità. Di fronte ad un definanziamento progressivo, stiamo andando verso una sanità divisa in due: chi ha soldi si può curare, chi non li ha rinuncia a curarsi. La gente con ticket e tasse varie già paga la sanità di tasca propria e siamo, quindi, sulla strada di non garantire a tutti le prestazioni essenziali. Nel 2022, secondo i dati della Fondazione Gimbe, il 6,8% famiglie toscane ha rinunciato alle cure per motivi economici. Non siamo contro il privato. Siamo per un privato non in contrapposizione con il servizio sanitario nazionale: dove non arriva il pubblico può intervenire il privato. Non può esserci concorrenza, altrimenti chi può si cura, chi non può rinuncia perché le liste d’attesa sono lunghissime.