Gianni Mura si è spento questa mattina all’ospedale di Senigallia (Ancona), per un improvviso attacco cardiaco. Giornalista e scrittore, storica firma di Repubblica dal 1976, aveva 74 anni. Era Nato a Milano nel 1945, ha scritto pagine memorabili sullo sport e l’Italia degli ultimi decenni, dal calcio al ciclismo. Nel 2007 scrisse il suo primo romanzo, “Giallo su giallo”, vincitore del Premio Grinzane
Ricordo ancora quella mattina di ottobre all’auditorium della Regione Piemonte. All’ultimo momento avevo preso un treno da Milano e all’ultimo momento ero arrivato a Torino infilandomi trafelato nel grande salone. C’era un corso di aggiornamento su come era cambiato il racconto del calcio da Spagna 1982 a Brasile 2014. Il calcio, e lo sport in generale, ormai non li seguivo più da un pezzo nonostante avessero fatto parte per tanti anni della mia vita professionale: anche quando avevo deciso di lasciare Firenze per fare nuove esperienze lavorative.
Il corso aveva già di per se stesso un titolo accattivante: ma era ulteriormente impreziosito dalla presenza di due penne di prima grandezza del firmamento del giornalismo sportivo. Gianni Mura, mitico inviato di Repubblica e firma storica del quotidiano di “Barbapapà” dove anche io immeritatamente avevo collaborato per circa sette anni, e Darwin Pastorin altra figura di grande riferimento per chi è abituato a seguire le vicende della “pedata nazionale” prima come inviato speciale e poi come vicedirettore di Tuttosport. Così mi misi in una poltrona d’angolo e cominciai a seguire testimonianze e interventi. Al momento della prima pausa, in attesa di prendere un caffè alla macchinetta del salone, scorsi un capannello di colleghi e istintivamente mi avvicinai a loro per carpire qualche parola delle loro discussioni.
All’improvviso il piccolo assembramento si aprì e la figura di Gianni mi si parò davanti. Pensai che non si ricordasse di me, chissà quante altre facce dovevano essergli passate davanti nei tanti anni trascorsi e negli innumerevoli fatti raccontati, e invece lui mi venne incontro con naturalezza regalandomi un abbraccio che non avrei mai più scordato. Una sorta di ritorno al passato in cui non c’era malinconia o tristezza ma solo tantissimo affetto.
Negli anni milanesi della mia collaborazione con Repubblica, Gianni di solito stava nella stanza riservata agli inviati: pronti a partire in qualunque momento secondo le necessità del giornale. Con lui nel primo pomeriggio era facile trovare Leonardo Coen e Piero Colaprico immancabilmente assorti nell’ennesima partita di poker prima di mettersi a scrivere il pezzo che l’indomani avrebbe aperto le pagine di cronaca nera o giudiziaria.
Ma spesso era lui a far tappa nella redazione sportiva per proporre interminabili gare di quella che chiamavamo “mnemonica”, riuscire in un tempo assegnato a trovare più titoli di canzoni comincianti con la stessa lettera. Già, perché oltre a raccontare il calcio e il ciclismo in maniera sublime, Gianni era un vero esperto di musica e soprattutto di canzone italiana. Con lui si univano Antonio Di Pollina, poi passato agli spettacoli, Licia Granello altra bravissima collega dello sport e presenza impossibile da dimenticare che condivideva con lui la passione eno-gastronomica, e chi magari in quel momento buttava gli occhi nella stanza finendo per essere coinvolto in una battaglia epica che alla fine lasciava stremati sul campo come se davvero avessimo partecipato al Festival di Sanremo, oppure al Cantagiro o ancora al Festivalbar.
Ma Gianni, di la da essere un Maestro di giornalismo riconosciuto che aveva le sue forti radici in Gianni Brera e Giuseppe Viola, era una persona squisita e molto attenta all’educazione. Amava i giochi e le sigarette, tirar tardi davanti a un ottimo bicchiere di vino. Dalla sua vena ironica aveva tratto la celeberrima “Sette giorni di cattivi pensieri”, dove ogni settimana strapazzava costumi, modi e personaggi non soltanto legati al mondo del calcio o dello sport. Con la moglie Paola aveva creato l’appuntamento del venerdì con “Mangia & Bevi”. Dopo l’aggiornamento a Torino, gli scrissi che era stato bello rivederlo e gli chiesi di “sciupacchiarmi” un po’ Conte, allora commissario tecnico impegnato in una partita con la Nazionale. Mi rispose: “Su Conte servito, abbraccio ricambiato”.
Come ha ben scritto Francesco Saverio Intorcia, ricordando il giorno della scomparsa di Gianni Brera, “quel giorno nasceva una generazione di orfani, i senza Brera”. Adesso, “c’è un’altra generazione che piange. Adesso, siamo i senza Mura”.