Nella commedia di W. D. Home e M. G. Sauvajon, nota al grande pubblico per il film con Tognazzi e Vitti, i personaggi si muovono eleganti come su una scacchiera irta di trabocchetti
Un classico contemporaneo dove i personaggi si muovono algidi ed eleganti su una scacchiera irta di trabocchetti. Al Teatro della Pergola, dal 9 al 14 gennaio, Claudio Greg Gregori dirige Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli ne L’anatra all’arancia di W. D. Home e M. G. Sauvajon. Con Ruben Rigillo, Beatrice Schiaffino e con Antonella Piccolo.
Ogni mossa dei protagonisti ne rivela le emozioni, le mette a nudo a poco a poco, e il cinismo lascia il passo ai timori, all’acredine, alla rivalità, alla gelosia; in una parola all’Amore, poiché è di questo che si parla. L’anatra all’arancia è conosciuta in tutto il mondo: come un famoso piatto della gastronomia, grazie alla sua ricetta sofisticata e sfiziosa al tempo stesso, certamente. Ma anche come un classico della commedia, grazie al film diretto da Luciano Salce e interpretato da Ugo Tognazzi e Monica Vitti, a sua volta tratto dall’opera teatrale firmata dal francese Marc Gilbert Sauvajon e dall’inglese William Douglas Home.
Una coppia, sposata da ormai 15 anni, finisce in crisi per colpa dalla personalità del marito, inaffidabile, incline al tradimento, alle bugie, all’infantilismo. Esasperata, la moglie si innamora di un altro, l’opposto del marito, di animo nobile, gentile e attendibile. La crisi di coppia, fra gelosie e tradimenti, sembra potersi chiudere “amichevolmente” o quanto meno “civilmente” con l’invito a passare un fine settimana nella loro villa al mare rivolto dal marito all’amante della moglie, nonché alla disinibita segretaria e sua amante, per mantenere l’equilibrio fra uomini e donne. Il piano, però, di questo incontro a quattro, anziché facilitare la ricomposizione di una nuova situazione nata dalla separazione di marito e moglie, rischia di infrangersi nella catena di accuse e ripicche reciproche.
L’anatra all’arancia è una commedia che afferra immediatamente il pubblico e lo trascina nel suo vortice di battute sagaci, solo apparentemente casuali, perché tutto è architettato come una partita a scacchi. La trasformazione dei personaggi avviene morbida, grazie a una regia che la modella con cromatismi e movimenti talvolta sinuosi, talvolta repentini, ma sempre nel rispetto di un racconto sofisticato in cui le meschinità dell’animo umano ci servano a sorridere, ma anche a suggerirci il modo di sbarazzarcene.