Dopo due anni e mezzo di lavori, questa mattina il direttore Cecilie Hollberg ha presentato il nuovo e affascinante allestimento della collezione degli oltre 400 gessi conservati nel museo
Ha riaperto oggi al pubblico, e con una nuova veste, la Gipsoteca della Galleria dell’Accademia dopo due anni e mezzo di lavori che chiudono i grandi interventi iniziati nel 2020. “Beyond the David” è il titolo con cui il direttore Cecilie Hollberg presenta la ‘nuova’ Galleria, a sottolineare che “il museo non è solo scrigno della scultura michelangiolesca, amata in tutto il mondo, ma è testimone di importanti collezioni legate all’arte fiorentina che oggi, finalmente, emergono rubando la scena persino al David”.
“La Gipsoteca è l’ultimo preziosissimo tassello del processo di rinnovamento del museo” – afferma con soddisfazione Cecilie Hollberg –, ovvero traghettare dall’800 nel XXI secolo un’inedita e moderna Galleria. Un’impresa enorme che siamo riusciti a portare a termine grazie al sentito e costante impegno del nostro piccolissimo staff e di tutti coloro che ci hanno sostenuto. Nonostante le tante battute d’arresto, dovute alla sospensione dell’autonomia, alla crisi pandemica, alle varie criticità della struttura incontrate in corso d’opera, siamo riusciti a fare il miracolo. L’allestimento è stato riordinato e ammodernato nel pieno rispetto di quello storico, e ringrazio l’amico Carlo Sisi per i preziosi consigli. I gessi, restaurati e ripuliti, sono esaltati dal leggero azzurro polvere delle pareti, tanto da sembrare vivi, con le loro vite, i loro racconti. Il risultato è magnifico! Siamo orgogliosi e felici di poterlo condividere da ora con tutti.”
Il monumentale salone dell’Ottocento, già sede della corsia delle donne dell’antico ospedale di San Matteo, poi incorporato nell’Accademia di Belle Arti, raccoglie la collezione dei gessi, oltre 400, tra busti, bassorilievi, sculture monumentali, modelli originali in gran parte di Lorenzo Bartolini, uno dei più importanti scultori italiani dell’800. La collezione fu acquisita dallo Stato italiano dopo la morte dell’artista e trasferita in questa sede in seguito all’alluvione del’66. Gli interventi sono stati di ordine statico-strutturale, relativi all’impianto di climatizzazione, all’illuminazione e all’impianto elettrico. Sono poi state chiuse varie finestre, consentendo al nuovo allestimento, con le pareti tinteggiate di color “gipsoteca”, azzurro polvere, di recuperare un ampio spazio espositivo, arricchendo la Gipsoteca anche di quei modelli in gesso che erano sinora conservati negli uffici della Galleria. Le mensole, rinnovate ed ampliate, accolgono i busti-ritratto , che per la prima volta hanno potuto essere messi in sicurezza grazie ad un sistema d’ancoraggio sicuro e non invasivo. I fragili modelli in gesso, nel corso dei lavori di ristrutturazione, sono stati sottoposti ad un attento intervento di revisione conservativa e di spolveratura. Tutte le opere sono state soggette ad un’accurata campagna fotografica.
I grandi cantieri sono iniziati nel 2016, includendo le fasi di studio e preparazione, generando documentazioni e planimetrie che non c’erano. Per la prima volta, adesso, il museo ha un impianto di climatizzazione funzionante in ogni sala con nuove luci LED di ultima generazione che valorizzano le opere esposte e contribuiscono all’efficientamento energetico. A seconda delle necessità, sono stati fatti degli interventi su tutte le opere del museo, sono state movimentate, protette, imballate, spostate, spolverate, riviste o altro. E con l’occasione sono state realizzate campagne fotografiche approfondite, conservative o di digitalizzazione, su tutte le collezioni. Sono stati ripensati percorsi e allestimenti.
Dalla sala del Colosso, che apre il percorso espositivo con il suo blu Accademia, caratterizzata, al centro, dall’imponente Ratto delle Sabine, capolavoro del Giambologna, intorno al quale ruota la preziosa collezione della pittura fiorentina del Quattrocento e del primo Cinquecento, all’inedita sala dedicata al Quattrocento, in cui trovano una perfetta collocazione capolavori come il cosiddetto Cassone Adimari dello Scheggia o la Tebaide di Paolo Uccello, finalmente leggibili in tutti i loro meravigliosi dettagli. Dalla Galleria dei Prigioni alla Tribuna del David, fulcro del museo, con la maggiore raccolta di opere michelangiolesche che la nuova illuminazione esalta, rendendo visibile ogni particolare, ogni segno del “non finito”. Opere che si confrontano con le grandi pale d’altare del XVI e il primo XVII secolo, che testimoniano l’influenza di Michelangelo sui suoi conterranei nella ricerca della nuova spiritualità della Controriforma. E infine le sale del Duecento e Trecento, dove i fondi oro risplendono di una luminosità mai percepita prima sulle pareti tinteggiate di un verde “Giotto”. Oggi la Galleria ha cambiato volto, ha una nuova forte identità.
Tutte le foto del presente articolo sono di Guido Cozzi