Dall’11 ottobre prima nazionale per l’ultima commedia giocosa di William Shakespeare, forse la più attuale e contemporanea del drammaturgo inglese
Dall’11 al 20 ottobre in prima nazionale nel Saloncino ‘Paolo Poli’ del Teatro della Pergola Pier Paolo Pacini dirige La dodicesima notte di William Shakespeare nella traduzione di Orazio Costa, con l’adattamento di Filippo Gentili. Con Federica Lea Cavallaro, Marco Santi, Luca Pedron, Greta Bendinelli, Fabio Facchini, Federico Serafini, Manuel D’Amario, Maddalena Amorini, Giulia Weber, Davide Arena. I costumi sono di Elena Bianchini, le scene di Fran Bobadilla, il disegno luci è di Samuele Batistoni. La produzione è del Teatro della Toscana.
La dodicesima notte è l’ultima commedia giocosa, a tratti autenticamente farsesca, di William Shakespeare, prima della stagione delle grandi tragedie e delle commedie nere. Composta all’incirca nel 1600, ruota intorno al naufragio nell’immaginaria Illiria dei gemelli Viola e Sebastiano e alle avventure scaturite dal travestimento maschile della fanciulla che, sotto il nome di Cesario, diventa paggio del duca Orsino. Elegante e piena di grazia, la commedia trascina lo spettatore nella sua atmosfera magica e incantata, in cui i contrasti più feroci si compongono armoniosamente.
Orazio Costa la mise in scena per la prima volta nel 1944 a Villa Giulia per celebrare la Liberazione di Roma con una compagnia riunita per l’occasione, tra cui figuravano Rina Morelli, Carlo Ninchi e Kiki Palmer; poi nella cornice della villa Floriana di Napoli, nel 1950, con la Compagnia del Piccolo Teatro della Città di Roma (nel cast Anna Proclemer, Rossella Falk, Salvo Randone, Nino Manfredi, Gianrico Tedeschi, Renzo Giovampietro). Costa ritorna all’opera shakespeariana nel 1971, prima a Trieste poi al Teatro Romano di Fiesole, stavolta traducendola lui stesso, sulla scia della ricerca, lunga una vita, sulla parola e il gesto scenico.
“Tra le commedie di Shakespeare – spiega Pier Paolo Pacini –, La dodicesima notte è quella per cui il concetto di contemporaneo può davvero essere usato a ragion veduta. Attuale è, infatti, il tema della distanza tra l’essere e l’apparire (il travestimento di Viola, la metamorfosi di Malvolio e anche il lutto non granitico di Olivia ci riportano alle identità ritoccate che la gente assume sui social), ma soprattutto attuale è la fluidità di genere che in questo testo scorre con naturalezza. Viola si traveste da maschio, come maschio fa innamorare Olivia – che ne è attratta fisicamente perché intravede la femmina – e come maschio viene accettato da Orsino come sposa, prima di mostrarsi a lui come femmina; per non parlare dell’attrazione decisamente erotica di Antonio per Sebastiano. A tutto ciò aggiungiamo il fatto che in questo allestimento Malvolio è interpretato da un’attrice, una scelta che è sia una sorta di citazione a contrario del fatto che nel teatro elisabettiano i ruoli femminili erano anch’essi interpretati da uomini, così come un cambio di genere funzionale al tema centrale della commedia.
Perché quello de La dodicesima notte è un mondo simile al nostro per contenuti, ma con una significativa differenza: la fluidità, le identità aperte e non rigidamente definite che oggi iniziamo ad accettare – ancora con mille difficoltà e all’interno di un dibattito polarizzato e spesso cattivo – in questo testo sono un dato di fatto, celebrato con un’allegria e una spensieratezza assolute in un divertissement un po’ pazzo dove in fondo a contare davvero è“quel che volete”. Una lezione di civiltà e un invito alla normalizzazione che Shakespeare ci fa arrivare attraverso i secoli con la maestria del suo genio teatrale e del suo spirito libero”.
Tutte le foto che accompagnano l’articolo sono di Filippo Manzini