In Toscana si calcola che ogni anno ne vengano consumate 370 milioni di tazzine. E domani per sostenere la candidatura il sindaco Nardella, insieme a Cursano e a Marinoni, sorseggerà un espresso alla Ditta Artigianale
E’ uno dei simboli più conosciuti dello stile di vita di un paese e di una comunità. Tanto che si stima, solo in Toscana ogni anno, ne vengono consumate ben 370 milioni di tazzine. Il Caffè Espresso italiano si candida a Patrimonio dell’Umanità Unesco e l’atto formale è stato firmato ieri a Roma, al Ministero delle Politiche agricole e forestali, dal presidente di Confcommercio Toscana Aldo Cursano in veste di vicepresidente nazionale di Fipe, alla presenza del sottosegretario Gian Marco Centinaio.
“Il caffè espresso italiano – spiega Cursano – ha la credibilità e il prestigio necessari per concorrere a diventare patrimonio immateriale dell’Umanità. Attorno al rito della tazzina da consumare al bancone o al tavolo è nato e cresciuto il bar italiano come lo conosciamo oggi – sottolinea Cursano -.Con le ampie superfici pronti ad ospitare decine di persone per un espresso in piedi e tavolini studiati per condividere questa bevanda con un amico, magari per stringere un affare o sviluppare un’idea. Di questo modello il mondo si è innamorato e ha provato a copiarlo ma senza successo. Oggi questa candidatura vuole essere anche un’occasione di rilancio per un settore martoriato dalle misure restrittive che per oltre un anno e mezzo hanno messo a repentaglio la sopravvivenza di questa modalità di consumo. Ora che ci stiamo rialzando, seppur con fatica, la promozione del rito del caffè espresso a patrimonio dell’umanità rappresenta un’ulteriore iniezione di fiducia alla quale la Fipe-Confcommercio contribuisce con convinzione insieme al Consorzio e al Ministero. Anche perché, è bene ricordarlo sempre, questa è una bevanda democratica, che identifica il nostro stile di vita e come tale va promossa e valorizzata”.
La campagna a sostegno si aprirà sabato 26 marzo, in occasione della giornata nazionale del “Rito del caffè espresso italiano” con una serie di iniziative nei locali delle principali città italiane, da Venezia a Napoli. A Firenze è stata anticipata a domani, venerdì 25 giorno del Capodanno fiorentino, quando il sindaco Dario Nardella si siederà ai tavoli della Ditta Artigianale Caffè di via Carducci 2R per sorseggiare un ottimo espresso assieme allo stesso Cursano e al direttore regionale di Confcommercio Toscana Franco Marinoni.
In Toscana esistono 8.109 bar-caffetteria , dei quali 1.837 in provincia di Firenze, per un totale di quasi 21mila addetti fra titolari, collaboratori familiari e dipendenti (di questi, 4.412 in provincia di Firenze). “Prima della pandemia – racconta Marinoni – il settore era ancora in fortissima espansione, anche perché i nuovi ritmi di vita e di lavoro avevano fatto crescere in maniera esponenziale i volumi di fatturato del “fuori casa”: sempre più persone avevano l’esigenza di consumare colazione e pasti in un locale, per non parlare del rito dell’aperitivo a fine serata. Il Covid per due anni ha imposto un freno fortissimo alla socialità, ai viaggi e di conseguenza anche allo sviluppo del fuori casa. E anche ora che stiamo tornando alla normalità se ne continuano a vedere gli effetti. Basti pensare allo smart working, che anche in Toscana ha fatto sparire dal radar dei bar migliaia di lavoratori”.
Ma la categoria non è disposta a mollare anche se le difficoltà non sembrano dare tregua: il rincaro di energia e materie prime, per esempio, che secondo la Fipe, ha comportato per nove imprenditori su dieci un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari. E poi c’è ancora il Covid (per 6 imprese su 10 il ritorno ai fatturati pre-pandemia non arriverà prima del 2023), il conflitto in Ucraina che ha accelerato fenomeni depressivi sui consumi proprio quando la gente aveva voglia di lasciarsi alle spalle il tunnel del virus, la minore propensione degli italiani a spendere in bar e ristoranti dovuta secondo il 43% degli imprenditori, agli effetti del carovita e al perdurare di un indice di fiducia negativo. Ma gli aumenti dei prezzi ai consumatori restano contenuti: nel febbraio 2022 lo scontrino medio è salito solo del 3,3% rispetto a un valore generale dei prezzi aumentato del 5,7%. E il 56,3% di bar e ristoranti non prevede di rivedere a breve il rialzo dei propri listini prezzi. Il punto dolente rimane comunque il lavoro: solo nel 2020 la pandemia ha mandato in fumo nei pubblici esercizi oltre 20mila contratti rispetto al 2019 (193mila occupati in meno a livello nazionale).
“A rimetterci – conclude Cursano – sono stati soprattutto gli stagionali, perché il blocco delle attività ne ha impedito l’assunzione. E ora mancano proprio queste figure, che per quanto lavorassero solo pochi mesi all’anno erano preparate alle mansioni da svolgere. Il Covid li ha spinti a cambiare prospettiva di vita, a cercare attività più “sicure”. E adesso che l’attività sta ripartendo, soprattutto con l’arrivo della bella stagione, si fa fatica a trovare personale adeguato. Mancano candidati e competenze adeguate per mestieri come il cameriere di sala, lo chef, l’aiuto cuoco, il pizzaiolo perché si lavora quando gli altri sono in vacanza o festeggiano, ma è una carriera piena di soddisfazioni”.