Funaro: “Sono persone o famiglie che hanno una storia a sé, ma sono tutte accomunate dalla speranza di una rinascita, che stiamo cercando di dare a tutti nel nostro territorio”
Mohamad Anosh e la moglie Reha, Mohammad Azreakhsh e Joseph sono 4 dei 49 rifugiati ospitati a Firenze, che domenica mattina in Sala d’Arme a Palazzo Vecchio incontreranno Papa Francesco in città per l’ultimo giorno dell’Incontro tra vescovi e sindaci del Mediterraneo. I rifugiati, donne e uomini nati in vari Paesi tra cui Afghanistan, Etiopia, Siria, Somalia, Costa d’Avorio, Eritrea e Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Gana e Mali, hanno alle spalle storie molto particolari e una ‘nuova’ vita a Firenze, città che li ha accolti e inseriti nei percorsi di accoglienza e integrazione.
“Siamo tutti molto emozionati per l’incontro di domenica con Papa Francesco – ha detto l’assessore a Welfare Sara Funaro – quando avremo l’occasione di fargli incontrare i rifugiati e mostrargli il nostro sistema di accoglienza e integrazione. Firenze ha ormai da tempo un modello consolidato che parte dall’accoglienza in strutture di vario tipo e si chiude con il percorso di integrazione nella nostra comunità. Ogni persona e ogni famiglia ha una storia a sé, purtroppo si tratta di storie di grande sofferenza, ma tutte accomunate dalla speranza di una rinascita sul nostro territorio. Rinascita che stiamo cercando di dare a tutti. Svariate sono le persone che oggi vivono in maniera autonoma in città, lavorano e hanno una nuova vita e noi ne siamo felici ed orgogliosi”.
I rifugiati presenti all’incontro con il Santo Padre sono inseriti nei percorsi di accoglienza e integrazione con la Fondazione Solidarietà Caritas, dalla Diaconia Valdese, dall’associazione Cinque pani e due pesci e dalla cooperativa sociale Il Girasole. Le 49 persone sono state ‘scelte’ per la loro diversa esperienza di accoglienza in città. Il modello di Firenze prevede infatti varie fasi e possibilità: c’è l’accoglienza nei Centri di prima accoglienza straordinaria (Cas) e nel sistema di accoglienza e integrazione (Sai); ci sono persone arrivate attraverso i Corridoi umanitari e altre che dopo essere passate dai percorsi di accoglienza in struttura adesso hanno una vita autonoma e hanno completato il processo di integrazione.
“Si tratta – ha spiegato il direttore di Caritas diocesana Riccardo Bonechi – di famiglie e singoli che conosciamo da diversi anni. Sono profughi e migranti che hanno già fatto un percorso di inserimento nella realtà cittadina e provengono da vari Paesi, soprattutto dalle coste del Mediterraneo. Le loro sono testimonianze significative di inclusione e accompagnamento all’interno della nostra città. Qui hanno trovato una casa, un lavoro seppure con le difficoltà che purtroppo rimangono per la loro storia di migranti. Abbiamo voluto dare una rappresentanza geografica, ma anche spirituale, sono persone di diverse religioni”.
Mohamad Anosh e la moglie Reha sono entrambi afgani. Fin dal loro arrivo in Italia, le loro due figlie sono state iscritte a scuola e frequentano la scuola elementare e quella dell’infanzia. Tutta la famiglia ha ottenuto lo status di rifugiato e attualmente sono in corso le pratiche per il rilascio del permesso di soggiorno per la richiesta di asilo politico. Anosh è un chirurgo pediatrico e vorrebbe riuscire a esercitare la professione anche in Italia. Nel proprio paese d’origine Reha era un’attivista per i diritti umani. Fra circa un mese la famiglia si allargherà in quanto è in arrivo il terzo figlio, un maschio. Reha ha anche un fratello che vorrebbe riprendere in Italia il proprio percorso di studi universitari e laurearsi.
Afgano è anche Mohammad Azreakhsh: fin dall’arrivo in Italia i suoi figli sono stati inseriti nella scuola dell’infanzia e nell’asilo nido. Tutta la famiglia ha ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato ed è già in possesso del permesso di soggiorno per asilo politico. Azreakhsh è un tecnico informatico ed è riuscito a portare avanti il suo percorso professionale. Sua moglie Lina è laureata in Scienze biologiche: in Afghanistan era insegnante. I signori Roshangar vorrebbero riuscire a portare in Italia i propri genitori e fratelli che, purtroppo, non sono riusciti a lasciare l’Afghanistan in modo da ricongiungersi con loro.
Joseph, nigeriano, è arrivato in Italia dopo un viaggio di un anno e cinque mesi passando dalla Libia. E’ sbarcato a Lampedusa. Nel 2017 ha fatto un tirocinio in città e ancora oggi è un prezioso collaboratore della Fondazione Caritas. Inizialmente ospitato in una Cas e poi in una Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), adesso è autonomo e va nelle scuole cittadine a raccontare la propria testimonianza di vita.