Dopo la brillante operazione della Dia e della Polizia nei confronti di due imprenditori indagati per aver impiegato denaro proveniente dalla ‘ndrangheta, il presidente Salvatore Calleri invita a non abbassare la guardia
“Alla ‘ndrangheta piace la Toscana”. A lanciare un nuovo e fortissimo allarme sono Salvatore Calleri (nella foto di apertura), presidente della Fondazione Caponnetto e Renato Scalia componente dell’Ufficio di Presidenza della fondazione stessa.
Il riferimento ovviamente è alla nuova e brillante operazione messa a segno dalla Dia di Firenze e dalla Polizia di Stato che ieri hanno effettuato un sequestro preventivo di un milione e mezzo di euro disposto dal Gip del tribunale di Firenze nei confronti di due imprenditori agricoli, provenienti dalle province di Catanzaro e Crotone, ma da anni trapiantati in Toscana, indagati per avere impiegato nella propria attività economico-imprenditoriale agricola denaro proveniente da associazioni di stampo mafioso.
Secondo gli inquirenti, i due imprenditori sarebbero riconducibili alla ‘ndrangheta, e precisamente alla cosca “Grande Aracri” di Cutro (KR) e alla “locale” di Petilia Policastro ad essa affiliata. Il decreto di sequestro preventivo è stato emesso dal G.I.P. del Tribunale di Firenze. Secondo l’ipotesi investigativa i due indagati si sarebbero messi a disposizione delle cosche calabresi per consentire investimenti e impieghi di proventi derivanti dalle attività criminali della ‘ndrangheta. Il sequestro ha riguardato una serie di porzioni immobiliari di tipo rurale che si trovano nel comune di Chiusdino (SI), acquistate nell’agosto del 2007, consistenti in un fondo agricolo in unico corpo, con sovrastanti alcuni vecchi fabbricati ed annessi rurali, per una consistenza catastale di oltre trecentocinquanta ettari ed un valore commerciale complessivo di circa 5.000.000 di euro. Tutta l’attività d’indagine ha trovato ulteriori riscontri volti a consolidare l’ipotesi investigativa riguardante sia la ricostruzione degli investimenti effettuati in Toscana, sia i legami con soggetti appartenenti alle cosche calabresi.
“Da questa ulteriore operazione – spiegano – emerge che la cosca calabrese dei “Grande Aracri” era presente dal 2007 in quelle terre e che il fondo in questione è molto grande, ben 350 ettari. Insomma alla ‘ndrangheta l’agricoltura piace e molto. Il danno che i clan possono apportare alla nostra ricca regione è altissimo e pertanto non possiamo che rilanciare l’allarme: “occhio Toscana! corri il rischio di essere divorata dalla mafia”.