Una mostra a Palazzo Medici Riccardi, per i 400 anni dalla scomparsa di Cosimo II, ripercorre la storia e l’avventura del gioiello andato perduto che ora è possibile ammirare grazie a una straordinaria riproduzione realizzata dalla bottega orafa fiorentina
Di lui, dopo il crollo dell’impero asburgico nel 1914, si sono perse ufficialmente le tracce e sulla sua scomparsa aleggia quasi un alone di fitto mistero. Ma adesso, grazie a una straordinaria riproduzione della Bottega Orafa di Paolo Penko, sarà possibile in qualche modo vederlo e conoscere la storia di una delle pietre più celebri del mondo seconda all’epoca soltanto a quella appartenente all’imperatore Moghul.
Fino al prossimo 26 gennaio a Palazzo Medici Riccardi è possibile ammirare Il Gran Diamante di Toscana o per meglio dire “Il Fiorentino” uno dei più preziosi e rari gioielli dei Medici oggi andato perduto. La mostra, promossa dalla Città Metropolitana di Firenze, organizzata da MUS.E e curata da Carlo Francini e Valentina Zucchi, è la seconda esposizione del ciclo Cammei, dedicata alla valorizzazione delle opere e delle storie legate allo storico palazzo fiorentino.
L’evento trae occasione dal restauro, eseguito da Rossella Lari e appena concluso, di uno dei ritratti medicei che trovano posto nelle sale del museo, di proprietà delle Gallerie degli Uffizi: l’effige di Cosimo II de’ Medici, di cui ricorrono i 400 anni dalla morte, dipinto da Domenico e Valore Casini a figura intera, in veste di damasco dorato e manto d’ermellino, scettro e corona granducale. «Il ‘Gran Diamante’ o ‘Blocchetto di luce’, come è stato definito – dice Letizia Perini, Consigliera della Città Metropolitana delegata alla Cultura – non solo è un esemplare di bellezza preziosa, che emana attrazione e si lascia ammirare. La rappresentazione che offriamo in Palazzo Medici Riccardi ne ricostruire l’avventura: il percorso che lo fa essere presente lungo le strade della Storia. Dobbiamo gratitudine al Maestro Paolo Penko per la ricostruzione di quel gioiello di raro splendore, sparito in circostanze misteriose, e che ora possiamo in qualche modo ammirare”.
Il diamante di dimensioni eccezionali e di color giallo citrino era stato acquistato nel 1601 da Ferdinando I de’ Medici, che lo comprò dal portoghese don Ludovico Castro, conte di Montesanto: fu poi affidato ancora grezzo al tagliatore Pompeo Studendoli, artigiano veneziano residente a Firenze, che lo lavorò per un lungo periodo, fino al 1615. Il risultato fu uno splendido gioiello a forma di mandorla, con taglio a doppia rosa di nove lati e 127 faccette, che venne inserito entro una montatura a pendente altrettanto sfarzosa. Un manufatto prezioso, icona di lusso e di potere, con il quale il figlio Cosimo II omaggiò la moglie Maria Magdalena von Hasburg, più nota come Maria Maddalena d’Austria. Il “Fiorentino” rimase nelle mani dei Medici fino al passaggio della Toscana ai Lorena quando venne portato a Vienna, dove risultò fino ai primi del Novecento.
La straordinaria riproduzione del gioiello, affidata alle mani sapienti di Paolo Penko, è stata realizzata in zirconia cubica ricreando, per la prima volta al mondo, la preziosa montatura serpentinata con cui Maria Maddalena d’Austria era solita sfoggiare il diamante. La montatura è stata impreziosita con lo stesso numero di diamanti dell’originale, ben 182 pietre taglio antico a rosetta, incastonati con piccoli frammenti di foglia argentata. “Quello che mi preme di più valorizzare – aggiunge Carlo Francini, curatore della mostra – è valorizzare l’attività artigianale di altissimo livello portata avanti da Paolo Penko, in rappresentanza di tutto il mondo dell’artigianato artistico, e mostrare come questa grande sapienza artigiana collimi costantemente con la storia. Abbiamo ricostruito il diamante scomparso con un atteggiamento di archeologia sperimentale, servendoci delle fonti in nostro possesso, e lo abbiamo reinserito nel suo contesto storico originario, insieme ai documenti che lo menzionano e i protagonisti di questa storia”.