Nel mese in cui ricorre la giornata internazionale contro la violenza di genere, da oggi la mostra fotografica di Ilaria Sagaria che dialoga con il busto di Costanza Piccolomini amata e poi sfregiata dallo scultore pazzo di gelosia
Nella tarda estate del 1638 Gian Lorenzo Bernini, scoperto il legame dell’amata Costanza Piccolomini Bonarelli con il fratello, pazzo di gelosia fece sfregiare il volto della donna. L’artista fu poi graziato e continuò la sua attività di brillante scultore senza conseguenze, Costanza invece fu reclusa in un monastero per quattro mesi. Fece poi ritorno dal marito, Matteo Bonarelli, con il quale dette vita a un fiorente commercio di sculture. In lei oggi è riconosciuto un emblema della capacità di riscatto che si ritrova oggi in tante vittime di violenza. Nel mese in cui ricorre la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, il bellissimo busto di Costanza scolpito nel marmo dall’artista dialoga con gli scatti contemporanei di Ilaria Sagaria dedicati alle donne sfigurate con l’acido, dal volto invisibile, bendato ne Lo sfregio, l’esposizione visibile da oggi 2 novembre fino al 19 dicembre agli Uffizi nella Galleria delle Statue e delle Pitture (sale A36-A37).
Ricordando quanto la violenza di genere sia un dramma senza tempo, la mostra pone in dialogo le immagini della giovane fotografa nata a Palomonte in provincia di Salerno con il capolavoro di Gian Lorenzo Bernini, in prestito dal Museo Nazionale del Bargello e restaurato da Maura Masini. Nel busto in marmo (databile fra il 1637 e il 1638) lo scultore ritrae Costanza con naturalezza e intimità: la camicia aperta, la pettinatura mossa, lo scatto del collo, la bocca socchiusa quasi a suggerire un dialogo. Le fotografie di Sagaria danno voce liricamente alle donne che hanno subito attacchi con l’acido.
“Oltre alla brutalità fisica causata da un gesto inumano – spiega Sagaria -, c’è il trauma psicologico da affrontare: la perdita dell’identità, la depressione e l’isolamento. Dopo la fase di ospedalizzazione, sono costrette a passare lunghi periodi chiuse dentro casa e, anche quando potrebbero uscire all’aperto, rifiutano di mostrarsi in pubblico e di affrontare lo sguardo degli altri. Mettono via gli specchi e le loro fotografie, eliminando qualsiasi cosa che possa mostrare quello che erano prima e quello che sono diventate in seguito, diventando così prigioniere di una casa privata di memoria e identità. Attraverso le loro testimonianze, ho ricostruito un racconto, una mise-en-scène fotografica che potesse restituire questi momenti senza spettacolarizzarne il dolore, concentrandomi sull’aspetto psicologico e sul concetto di identità”.
Ma la presentazione della mostra oggi in Sala Vasari agli Uffizi è stata anche l’occasione per parlare di violenza di genere con i contributi di Filomena Lamberti, vittima di violenza con l’acido e testimonial dell’associazione Spaziodonna di Salerno, Petra Filistrucchi, vicepresidente del centro antiviolenza Artemisia di Firenze, Jaf Shah, direttore esecutivo di Acid Survivors Trust International. “Il busto di Costanza – ha concluso il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt – restaurato dalle Gallerie si può di nuovo apprezzare appieno, grazie a questo simbolico atto di risarcimento, però contro i danni del tempo. In mostra lo guardiamo non solo come un capolavoro di uno dei massimi scultori barocchi, ma siamo invitati a riflettere sull’efferata violenza dei forti contro i deboli. E a meditare sul dolore inenarrabile della sopravvivenza”.