Secondo i magistrati la Società avrebbe gestito illegalmente ingenti quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi “con grave nocumento per salute pubblica e ambiente”. Le reazioni politiche
Una nuova bufera giudiziaria investe la Toscana, sempre sul fronte dello smaltimento rifiuti. E questa volta ad essere toccata è Alia, la partecipata che serve 58 comuni della provincia tra cui Firenze, Prato, Scandicci, Pistoia, Bagno a Ripoli e Sesto Fiorentino solo per citarne alcuni.
Carabinieri e Polizia Provinciale hanno infatti notificato questa mattina ordinanze di interdizione dai pubblici uffici (da un massimo di 12 mesi ad un minimo di 3 mesi) per nove tra dirigenti e funzionari dell’Azienda e il sequestro preventivo di alcune aree dell’impianto “Polo Tecnologico” di San Donnino gestito dalla stessa società. Contestualmente risultano anche indagati 33 fra dirigenti e responsabili della società di gestione di servizi ambientali per i reati continuati, in concorso, di traffico illecito di rifiuti, frode nell’esercizio del commercio e getto pericoloso di cose.
Tutto risale a un’indagine avviata nel 2016 su una serie di illeciti ambientali ipotizzati a carico della società “con grave nocumento per salute pubblica e ambiente”. In particolare, si legge in una nota del Comando provinciale dei Carabinieri, dalle indagini compiute è risultato che la società a maggioranza di capitale pubblico avrebbe “gestito illegalmente ingenti quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da ammendante comportato misto, prodotto presso l’impianto TMB, disperdendolo nell’ambiente con modalità non conformi a quelle previste dall’autorizzazione; smaltito illecitamente varie tipologie di rifiuti speciali non pericolosi presso la discarica di Case Passerini; scaricato sistematicamente sul suolo rilevanti quantità di percolato, prodotto presso l’ex discarica di Bosco ai Ronchi, all’interno di alcuni laghetti non impermeabilizzati; conferito presso vari impianti di ingenti quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi prodotti presso l’impianto di Faltona, utilizzando codici di classificazione (CER) non corretti al solo fine di conseguire un ingiusto profitto indiretto rappresentato dal risparmio sui costi di gestione che altrimenti dovevano essere affrontati”. L’attività rappresenta il prosieguo dell’operazione condotta dagli stessi reparti nel dicembre 2017, con il sequestro di un impianto di trattamento rifiuti e 570 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi.
Tra gli indagati compaiono Livio Giannotti, amministratore delegato e direttore generale di Quadrifoglio, società partecipata, e in precedenza di Alia; Alessia Scappini, dirigente di Alia e poi amministratore delegato della stessa; Franco Cristo, dirigente Quadrifoglio; Paolo Daddi , dirigente Alia; Claudio Cecchi, responsabile Alia; Antonio Menelaou, responsabile dell’impianto Tmb; Sandro Gensini, dirigente Alia. Il provvedimento di interdizione si richiesta del Gip di Firenze è stato invece applicato per Scappini, Cristo, Menelaou,, Alessandro Grigioni, Francesco Tiezzi e Marino Poggi: per nove mesi per i primi due, per sei mesi per Grigioni e per tre mesi per gli altri. La Procura aveva anche chiesto l’arresto per Scappini, Cristo, Daddi e Grigioni che però è stato negato per la mancanza di gravi indizi di colpevolezza rispetto ad alcune contestazioni.
Immediate le reazioni a livello politico con Alessandro Draghi e Jacopo Cellai (FdI) che annunciano una domanda di attualità nel prossimo consiglio comunale in cui chiederanno “se ci sono situazioni di pericolo imminente per la salute della popolazione che vive in quella parte della città, come farà Alia a gestire l’ordinaria amministrazione e a portare aventi il progetto Firenze Città circolare, se Alia comunicava al Comune le modalità dei processi di smaltimento dei rifiuti speciali prodotti nei vari impianti e, in caso affermativo, quali erano le informazioni in possesso del Comune stesso”. Una commissione consiliare di indagine è invece la richiesta di Antonella Bundu e Dmitrij Palagi (SpC) “con cui verificare tutte le eventuali responsabilità politiche della vicenda, senza ripetere quando accaduto con la Sas”.
Per la Lega Salvini il presidente del Consiglio direttivo Cecilia Del Re e il direttore dell’Ato Toscana Centro Dario Baldini dovrebbero dimettersi. “Non è possibile – attacca il capogruppo Federico Bussolin – vedere una delle società più importanti partecipata per il 58% dal comune di Firenze essere ancora oggi guidata da una persona che non ha nessuna esperienza sui rifiuti. Ma il problema vero è legato al sistema impiantistico che manca. No agli inceneritori, no ad impianti di recupero, nessuna strategia industriale. Così per smaltire i rifiuti si raggiungono costi molti alti perché smaltiti in gran parte fuori ambito o, addirittura, fuori regione, con il risultato finale di escogitare metodi per abbattere i costi che, però, arrecano danni ingenti all’ambiente e alla salute dei cittadini. Serve una svolta seria sia politica che amministrativa. Occorre rompere questo poltronificio che vede ai vertici di ATO e della società di gestione persone appartenenti al PD e non persone in grado di gestire un settore così delicato. Chi doveva controllare non ha controllato, e non ha mai garantito una svolta gestionale rispetto a quanto fatto dal predecessore sempre del PD. Per questo Baldini e Del Re dovrebbero dimettersi dai loro ruoli immediatamente”.