L’indagine realizzata da Confcommercio rivela anche che per il 52% degli imprenditori di commercio, alloggio e ristorazione è aumentata la pressione della criminalità sulle imprese. E il 34% si dice “sfiduciato” sulla possibilità di combattere i fenomeni criminosi
Per il 52% degli imprenditori fiorentini di commercio, alloggio e ristorazione è aumentata la pressione della criminalità sulle imprese. Una percentuale superiore alla media nazionale, che è pari al 44%. E per un imprenditore fiorentino su dieci (12%, contro il 21% nazionale) l’usura è molto o abbastanza diffusa sul proprio territorio.
E’ il risultato per certi versi clamoroso dell’indagine realizzata da Confcommercio in occasione dell’ottava edizione di “Legalità, mi piace!”, la Giornata nazionale nata per denunciare gli effetti devastanti di tutti i fenomeni illegali che stanno mettendo in pericolo tante piccole imprese del commercio e dei servizi: dalla concorrenza sleale alle mafie, all’usura, alla criminalità organizzata sempre più pronta a mettere le mani su piccole realtà in difficoltà a causa dell’emergenza Covid. La ricerca è stata presentata questa mattina a Roma in concomitanza con la Giornata. L’indagine raccoglie i dati raccolti a livello territoriale in alcune grandi città come appunto Firenze.
“Crollo degli incassi, costi che continuano a girare, mancanza di liquidità, crescita dell’indebitamento e complicazioni burocratiche per accedere ai finanziamenti: fattori che sono l’humus perfetto per lo sviluppo di attività criminose quali l’usura”, commenta il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. “Il pericolo maggiore è per le imprese del terziario più deboli, meno capitalizzate e meno strutturate, quindi anche meno preparate ad affrontare la crisi scatenata dalla pandemia, che è una crisi senza precedenti, la più drammatica dal dopoguerra ad oggi”.
Dalla ricerca di Confcommercio viene anche fuori un altro dato che fa sicuramente riflettere: l’81% delle imprese del commercio, della ricettività e dei pubblici esercizi con meno di 10 addetti ha chiuso il 2020 in perdita o forte perdita, il 67% ha avuto problemi di liquidità e il 17% sta valutando la chiusura definitiva dell’attività. Quanto alla possibilità di combattere i fenomeni criminosi (il trend sulla crescita dell’usura è in linea con quello nazionale) gli imprenditori fiorentini sembrano essere più “sfiduciati” rispetto al resto dei colleghi italiani: solo il 66% di loro (contro il 74% della media nazionale) consiglierebbe alle vittime di usura di fare una denuncia alle forze dell’ordine e solo il 14% (contro il 21% della media nazionale) indica come riferimento i centri antiusura. Le forze dell’ordine sono ritenute il soggetto più vicino agli imprenditori minacciati per il 42% degli intervistati, ma il 29% si sente solo di fronte alla criminalità. Una percentuale, ancora una volta, superiore a quella nazionale (di 5 punti).
“La cosa peggiore è che sta crescendo la percezione di sentirsi abbandonati nelle mani della criminalità”, sottolinea il presidente della Confcommercio fiorentina Aldo Cursano, “le nostre sono piccole imprese che vivono del proprio lavoro, non hanno grossi capitali né coperture finanziarie. Da 14 mesi il lavoro ci viene impedito con i decreti di chiusura oppure va avanti a scarto ridottissimo. A Firenze mancano in modo drammatico i turisti, mancano i residenti e mancano i lavoratori che frequentavano la città. E noi imprenditori siamo soli ad affrontare la situazione. Dobbiamo indebitarci per comprare il tempo della nostra sopravvivenza e a volte perfino questo ci è impedito: prendo ad esempio una collega, titolare di una gelateria, che si è vista negare dalla sua banca un finanziamento di 5mila euro, dietro preventivo, per la sostituzione di un infisso. La motivazione? Le imprese in questo momento sono troppo indebitate, in generale. Ma lo Stato cosa fa? Dovrebbe aiutarci a ripianare le perdite, almeno in parte, e a riparametrare ogni fonte di costo, cominciando dagli interessi bancari. Altrimenti sarà responsabile non solo della crescita dei fenomeni criminosi, ma anche della perdita di tanta occupazione e del crollo di un sistema di imprese che finora ha reso vivibile, accogliente e più bello il nostro Paese”.