La cerimonia ufficiale questa mattina al cimitero degli Allori nell’anniversario della morte della grande giornalista. Nencini: “Era una donna libera. Errore gravissimo prendere un pezzo della sua vita e declinarla politicamente secondo le proprie convinzioni”. Nardella: “Faceva della libertà la sua cifra”
“Ci sono storie che vanno sanate. Io ho sempre pensato che avesse ragione Balzac quando scriveva che non puoi fare la storia di un uomo a pezzettini, altrimenti fai la cronologia degli sciocchi. Della storia di un uomo si deve prendere tutto, quello che piace e quello che non piace, quello che è compatibile con il proprio pensiero e quello che invece non lo è. Prendere della vita di scrittore di Oriana soltanto un pezzo e declinarlo politicamente come è stato fatto lo trovo un errore gravissimo, vitale. Oriana aveva solo un padre politico che chiamava con rispetto e con amore profondo, Pietro Nenni. Davanti a lui posava le armi e ascoltava la storia del vecchio. Il fatto che oggi il sindaco e il consiglio comunale nelle persone del suo presidente intendano riconoscere con una cerimonia ufficiale questa storia lunga di una fiorentina è un fatto bello che va ad onore di questa straordinaria città e va ad onore di chi la rappresenta”.
Ci sono voluti quindici anni, ma finalmente il grande passo è stato fatto. Firenze si riconcilia con Oriana Fallaci, forse la sua cittadina più illustre e lo fa con una cerimonia ufficiale al cimitero degli Allori dove la grande giornalista è sepolta assieme alla sua famiglia e al compagno e leader della resistenza greca al Regime dei colonnelli Alekos Panagulis con una cerimonia ufficiale alla quale hanno partecipato il sindaco Dario Nardella, il presidente del Consiglio Comunale Luca Milani e il Senatore Riccardo Nencini presidente della Commissione cultura del Senato e grande amico della scrittrice o meglio “scrittore” come lei voleva assolutamente essere definita.
E proprio a Riccardo Nencini è stato affidato il compito di ricordarla con una orazione appassionata e a tratti fortemente emozionante nella quale per un attimo ai tanti convenuti nel luogo sacro al Galluzzo è sembrato di poter vederla spuntare facendo capolino fra una lapide e un’altra con l’immancabile sigaretta ben piantata fra indice e medio. “Possiamo cambiare opinione – ha aggiunto – ci capita spesso, possiamo commettere errori e colpe gravi, poi però anche riscattarsi. Oriana è molte cose. E’ una donna libera che a secondo di ciò che scriveva ciascuno poteva assumerla nelle proprie file. Errore di una gravità straordinaria”.
C’è la guerra nel racconto di Nencini, l’attrazione che i conflitti esercitavano su di lei e poi riportava nelle sue corrispondenze e nei suoi romanzi proprio perché da bambina la guerra l’aveva conosciuta fin troppo bene essendo stata staffetta partigiana a 15 anni assieme a Teresa Mattei, a Maria Luigia Guaita fondatrice della casa d’arte Il Bisonte e a Nada Giorgi, la Mara de La ragazza di Bube di Carlo Cassola. E poi c’è il mestiere della scrittura, il tentativo di raggiungere il massimo possibile che le procurava una fatica terribile e le faceva dire che scrivere era peggio che lavorare in miniera. Niente computer sulla scrivania, ma solo il dizionario dei sinonimi e contrari, il Devoto-Oli e la sua fida macchina per scrivere. “Una volta – racconta ancora Nencini – le dissi: Oriana guarda, la parola città nel medioevo non ha un sinonimo perché è la sede della cattedra del vescovo. Quindi non puoi chiamarla villaggio? Lei mi rispose: ma tu ce l’hai un lavoro? Io risposi sì, per ora sì. Allora basta non importa che tu scriva, se non un tu ci riesci. Un lavoro ce l’hai e quindi non rompere le scatole”.
Alla cerimonia erano presenti anche l’assessore alla memoria Alessandro Martini e Francesca Paoletti, presidente del cimitero evangelico degli Allori. “Con questo gesto – ha detto il sindaco Dario Nardella – Firenze paga un debito di riconoscenza verso Oriana Fallaci. Come diceva Oscar Wilde le persone le puoi amare o non amare ma se sono persone libere le devi rispettare. Oriana Fallaci faceva della libertà la sua cifra. Anche io in tutta sincerità credo che qualunque tentativo di incasellare la sua opera, la sua vita così ricca, complessa e poliedrica sia un esercizio sterile e anche offensivo della sua memoria. Era fiorentina, la si può amare o no, ma la città la rispetta per la sua libertà”.